Gli esclusi. C’è distanza tra noi e la pazzia?
Il lavoro scritto da Roberta Calandra e diretto da Valentina Ghetti, ripercorre le sofferenze di celebri rampolli nascosti nei manicomi. Tra barriere emotive, diffidenze e fragilità calpestate
È uno spoglio stanzone di una clinica psichiatrica quello dove, poco a poco, fanno il loro ingresso sei figure, sei persone che tra queste mura vivono e soffrono.
Sono i protagonisti di Gli esclusi, un insolito esperimento portato avanti per fasi, che mira a valutare il loro livello di pazzia sotto gli occhi degli spettatori, silenziosi osservatori delle reazioni dei pazienti a diversi stimoli.
Al centro, però, non ci sono ospiti qualsiasi in questo immaginario istituto. Il palcoscenico diventa infatti uno spazio privilegiato, un luogo che vince le barriere dello spazio e del tempo per collocare nella stessa sala rampolli di celebri ed abbienti famiglie che hanno vissuto sulla loro pelle il vergognoso stigma della follia.
Così ascoltiamo le storie tragiche di Rosemary Kennedy (Caterina Gramaglia), Lucia Joyce (Camilla Ferranti), Benito Albino Mussolini (Leonardo Zarra), Aldo Togliatti (Luca di Giovanni), Giorgio Agnelli (Dario Masciello) ed Eduard Einstein (Alessio De Persio).
Tutti si sono ritrovati in qualche modo a essere fonte di imbarazzo per i loro cognomi, ognuno con le proprie pulsioni fuori dagli schemi, e una sensibilità in grado di turbare l’immagine pubblica dei familiari.
Queste anime sono state dunque schiacciate, nascoste e relegate nell’ombra in nome di una malriposta idea di decoro; dimenticate negli istituti in cui sono state rinchiuse senza mai essere capite, emarginate dall’ipocrisia del blasone dei genitori. Sono stati esclusi. Ora, uno a uno, si confrontano, si scontrano e si raccontano in quella che appare sempre più una dimensione metafisica del dolore e non l’inquietante sala di un reparto psichiatrico.
Il testo di Roberta Calandra, portato in scena al Teatro di Documenti di Roma, si avvale dell’adattamento e della regia di Valentina Ghetti, ed è un esperimento catartico che sgomenta il pubblico.
All’entrata viene infatti fornito un foglio in cui sono illustrate le fasi di questa “Insane Situation Procedure” (sottotitolo dello spettacolo). Gli spettatori vengono invitati a monitorare attentamente le reazioni agli stimoli di coloro che stanno osservando, per comprenderne il livello di follia.
Dopo un primo smarrimento – anche dovuto all’atmosfera volutamente alienante che si viene a creare -, veniamo coinvolti passo dopo passo nelle drammatiche vicende che i bravissimi attori cominciano un po’ alla volta a sviscerare.
Si supera così l’iniziale barriera emotiva tra chi analizza quelli che sono dapprima dei soggetti “diversi”, degli “altri da sé”, e contemporaneamente viene superata anche la barriera di diffidenza che esiste fra i pazienti stessi i quali, viste le loro traumatiche esperienze, sono poco inclini ad aprirsi.
Ecco che allora si schiude un mondo fatto di incomprensioni, di frettolose soluzioni tentate sulla pelle di personalità straordinariamente sensibili, ma anche molto fragili; di inutili e massacranti trattamenti farmaceutici e di terapie inumane che invece di curare finiscono per annientare.
Questo triste viaggio tra le mura delle cliniche psichiatriche viene affrontato grazie a interpreti capaci di emanare sofferenza con i corpi, i gesti e le voci.
Ci travolge la struggente tenerezza che sa infondere Caterina Gramaglia in Rosemary, donna passionale e vitale ora ridotta a una bimba spezzata su una sedia a rotelle, dolcemente smarrita in un mondo tutto suo nel quale non potrà mai più crescere.
La consapevole disperazione di Eduard, abbandonato dal padre geniale, e che Alessio De Persio esprime con le sue risate improvvise e rabbiose. Il cinismo decadente di Giorgio, che Dario Masciello sa restituire con amara ironia. La nostalgia e l’eleganza dei movimenti con cui Camilla Ferranti si cala nella parte di Lucia, che avrebbe voluto danzare, esibirsi, recitare.
L’implosione intellettuale di Aldo, con il volto tirato di Luca Di Giovanni, chiuso nella sua rabbia per un padre leader comunista che lo ha perfino privato del cognome, e ora quasi alter ego del rampollo fascista Benito Albino (una dicotomia cui brillantemente si allude grazie alla rappresentazione dello Yin e dello Yang). Quest’ultimo, un uomo ormai completamente perduto nei ricordi dei suoi viaggi in Estremo Oriente e che a tratti, grazie a Leonardo Zarra, ci ricorda il delirante Martin Sheen di Apocalypse Now.
Dal punto di vista emotivo, Gli esclusi è una prova per tutti ed è anche una sorpresa. E, a proposito di sorprese, non si deve andar via prima che Roberta Calandra e Valentina Ghetti calino il loro ultimo asso, monito finale a non considerare così ampia la distanza fra la normalità e la pazzia.
Si tratta di una rappresentazione che svia dalle consuetudini teatrali, che sa colpire e disorientare, nella quale bisogna desiderare immergersi con lo stesso trasporto dei suoi attori e che è capace di smuovere anche l’empatia più assopita. E gliene siamo grati.
GLI ESCLUSI – INSANE SITUATION PROCEDURE
Regia e adattamento: Valentina Ghetti
Testo: Roberta Calandra
con Caterina Gramaglia, Camilla Ferranti, Alessio De Persio, Dario Masciello, Luca Di Giovanni, Leonardo Zarra
In collaborazione con Centro Culturale Mobilità delle Arti, Roberto D’Alessandro e Obiettivo Roma
Teatro di Documenti
Via Nicola Zabaglia, 42 – Roma
Info e biglietti: 06 45548578 – 328 8475891 – teatrodidocumenti@libero.it