L’Imperatrice. Anatomia della trasgressione
Roberta Calandra concepisce uno spettacolo ammaliante sulla storia travagliata di Niki de Saint Phalle, protagonista assoluta del panorama artistico del Novecento. Con la regia di Mariano Lamberti e un’intensa Caterina Gramaglia
Niki de Saint Phalle è stata una delle donne che, nel XX Secolo, ha realmente incarnato il concetto di creatività. Il suo è lo pseudonimo di Catherine-Marie-Agnès Fal de Saint Phalle e, come si intuisce, il nome ha origini nobili: il padre Andrè era infatti un aristocratico francese e potente banchiere, la madre Jeanne Jacqueline Harper invece era un’attrice statunitense.
Una sorta di seme, quindi, di preludio cosmopolita già alla nascita, metà europeo e metà americano. Il suo carattere ribelle e travagliato, i suoi amori, le sue opere, sono l’ispirazione de L’Imperatrice, spettacolo ideato da Roberta Calandra e recitato con intensità da Caterina Gramaglia con la regia di Mariano Lamberti. L’occasione per proporlo è stata lo scorso 31 luglio, nella meravigliosa cornice dei Giardini della Filarmonica di Via Flaminia, a Roma, nell’ambito della manifestazione estiva “I solisti del teatro” (6 luglio – 4 settembre 2022).
Una vita così complessa è certo difficile da raccontare in modo esaustivo: la strada intrapresa è dunque quella di restituire lo spirito e la psiche dell’artista attraverso alcuni passaggi chiave. Questi vengono abilmente scanditi dalla lettura dei tarocchi: ognuno di questi introduce un argomento, uno stato d’animo, un aspetto dell’esistenza. La voce narrante di Juan Diego Puerta Lopez illustra carta dopo carta, ne descrive le caratteristiche e i significati e fa da prologo agli struggenti monologhi con i quali Caterina Gramaglia tocca sogni, ambizioni e dolori di Niki.
La crisi del 1929 che porta la famiglia a trasferirsi dalla Francia a New York, le resistenze alle pressioni subite in famiglia affinché si sposasse, seguendo un concetto fortemente tradizionale di ruolo femminile. Il divorzio e la fuga da un matrimonio soffocante, l’abbandono dei suoi figli. Soprattutto, a tormentarla per sempre, l’orribile violenza sessuale subita appena undicenne e perpetrata ai suoi danni nientemeno che dal padre. Un trauma mai del tutto superato. La breve carriera come modella, poi l’esaurimento nervoso, la clinica di Nizza in cui viene ricoverata e nella quale si dedica alla pittura, scoprendone il potere curativo.
Poi il sodalizio con il compagno che per anni è rimasto al suo fianco, Jean Tinguely (artista rivolto all’esplorazione della complessità delle sculture meccaniche), come amante prima e come amico poi. La loro relazione è un’attrazione di opposti che si completano, fatta di passione e trasgressione che finisce inevitabilmente per bruciare, senza però porre fine al loro rapporto personale. La creazione di opere a grandezza naturale, le cosiddette “Nana”, rappresentazione dell’essenza femminile, compresa quella di quasi trenta metri, quella “Hon” che nel 1966, a Stoccolma, permette al pubblico di entrare e uscire in essa attraverso un passaggio ricavato al posto della vagina: una scelta che suscita non poche polemiche.
Poi il progetto di una vita, la sua tangibile eredità intellettuale che prende forma a Capalbio, in Toscana: il Giardino dei Tarocchi. Per realizzare le enormi sculture che lo compongono, ognuna ispirata a uno degli esoterici arcani maggiori (in molte di esse i visitatori possono addirittura entrare), ha bisogno di così tanti soldi, perciò lancia una sua linea di profumi femminili che reca il suo stesso nome. Un successo che frutta milioni subito investiti fino all’ultimo centesimo nel parco, mirabile esempio di opera concettuale dove ogni elemento è ricoperto da mosaici di specchi, vetri e ceramiche colorate.
Un’esperienza visiva e immersiva davvero unica che Niki comincia a costruire nel 1979 e che riesce a inaugurare solo nel 1998, pochi anni prima della sua morte. Piagata dall’artrite reumatoide, questa protagonista assoluta del panorama artistico mondiale ci lascia nel 2002, dopo una carriera volta alla costante rivendicazione del suo essere donna e della sua indipendenza, anche attraverso la provocazione dei costumi e della morale dominante.
Caterina Gramaglia tiene gli sguardi del pubblico incollati a lei, sovrastando la scena con il suo carisma e con la sua vibrante partecipazione: a più riprese gli spettatori battono le mani ammaliati e colpiti dai momenti più profondi e drammatici. È un’interprete che trasforma l’essenziale scenografia attorno a sé, si impossessa fisicamente della figura di Niki e crea un efficace parallelo fra questa e la carta dell’Imperatrice (la quale, non a caso, dà il titolo all’opera). Nei tarocchi significa ambizione, comando, intelligenza, caparbietà e spinta vitale: tratti che certamente denotano il carattere forte di Niki de Saint Phalle.
È un viaggio emozionante che abbiamo affrontato rapiti insieme a un’attrice che ci ha saputo condurre, incuriosire e indubbiamente turbare. Applauso finale lungo e meritato.
L’IMPERATRICE
un’opera di Roberta Calandra
Regia: Mariano Lamberti
con Caterina Gramaglia, Juan Diego Puerta Lopez (voce)