Sutra. La grazia spirituale di Sidi Larbi Cherkaoui

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Per Torinodanza Festival, la coreografia con i monaci Shaolin è unione commovente di arti marziali e danza contemporanea. E il Teatro Regio va in estasi

Concedetemi una breve premessa personale. Si tratta di una viva memoria emotiva che risale alla visione – un po’ di anni fa – di un lavoro di Sidi Larbi Cherkaoui intitolato 生长genesis. Ora, simili sensazioni si risvegliano con Sutra, presentato per Torinodanza Festival al Teatro Regio di Torino, gli scorsi 11 e 12 settembre. Una creazione del 2008 che vede in azione costante, in sforzo atletico ammirevole – c’è da restare incantati -, un danzatore, Ali Thabet, e diciannove monaci Shaolin – compreso un piccolo novizio – più cinque musicisti che dal vivo eseguono le melodie ora commoventi ora ritmate di Szymon Brzóska.

Sidi Larbi Cherkaoui, “Sutra”. Foto Andree Lanthier

Quello che sempre colpisce e stupisce nei lavori di Cherkaoui, oltre allo studio sul movimento e alla resa sublime dei suoi performers, è il rapporto diretto, immediato con le anatomie, la scena e gli oggetti che la compongono. In Sutra – che in sanscrito significa “filo” -, protagoniste insieme ai corpi danzanti sono delle scatole o delle casse capaci di avvicinare o separare, creare ponti o barriere: diventano bare, armadi o giacigli per gli interpreti, muri da scalare, opprimenti prigioni, simbolici Stonehenge, instabili tessere del domino da abbattere, e persino pesanti “croci” da trascinarsi dietro. E, a fianco della scena, ce ne sono altre, riprodotte in scala: piccoli tasselli che se ne stanno come scacchi tra l’unico rappresentante del mondo occidentale (Ali Thabet) e il suo “alter-ego” bambino (instancabile e lodevole), che porta già in sé la disciplina orientale – con tutto l’enorme carico di valori che ne consegue – espressa nel kung-fu.

Sidi Larbi Cherkaoui, “Sutra”. Foto Andree Lanthier

Alla meditazione, alla resistenza, alla rigorosità e vigorosità dei movimenti che nutrono la pratica religiosa buddhista dei monaci Shaolin si affianca – in una dialettica educata d’incontro/scontro e conoscenza che non rinuncia a momenti d’ironia – la danza contemporanea, con le linee limpide, morbide, delicate al punto di riuscire a piegare, al limite della slogatura, l’anatomia umana. Bellissima la comunione di presenze (con le molte, diverse coniugazioni) che si amalgamano finemente in una scrupolosità quasi meccanica, razionale. Bellissima la sintonia del “grande e piccolo” danzatore inclusa in quella che diventa un’angusta “teca” argentata dove questi due opposti s’incontrano, si parlano senza parole, si ritrovano, si comprendono per la prima volta. 

Così, dall’incontro sociale, culturale, umano con l’altro, nasce un legame, un filo poetico che, danzando, coinvolge tutti, in scena e in platea: ecco la vera rivelazione, ecco la vera rivoluzione. 
Ci sono tempi e luoghi per l’interazione e l’interconnessione con gli esseri umani (e con gli animali), per la condivisione, lo scambio, la trasformazione di se stessi in quello che è un percorso privato, profondo, emotivo unico. Ci sono tempi e luoghi nei quali questa forma di purezza accade: il teatro di Sidi Larbi Cherkaoui è uno di questi.

Sutra

Direzione e coreografia Sidi Larbi Cherkaoui

Creazione visiva e scene Antony Gormley
Musiche Szymon Brzóska

con Sidi Larbi Cherkaoui e i monaci del Tempio Shaolin

Sadler’s Wells London Production
in coproduzione con Athens Festival, Festival de Barcelona Grec, Grand Théâtre de Luxembourg, La Monnaie Brussels, Festival d’Avignon, Fondazione Musica per Roma e Shaolin Cultural Communications Company