Nella vita degli altri. Siamo il nostro passato

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L’esordio di Michele Bravi come scrittore nel romanzo che scava nell’esistenza altrui tra eredità drammatiche e ipocrisie celate

Rintracciabile in libreria dallo scorso 23 ottobre, edito Mondadori per la collana “Novel”, il primo romanzo di Michele Bravi, giovane cantante e vincitore, cinque anni fa, di X Factor, è uno spiegamento di cinque personalità inconciliabili tra loro, che hanno come unico comune denominatore la palazzina di appartenenza, e una imprevista quanto drammatica “riunione condominiale”.

«Ho scritto un brano che dura 126 pagine e si legge a voce alta», ha precisato l’autore. Tuttavia, più che un brano musicale, Nella vita degli altri sembra meglio accostarsi, per ritmo e per stimoli visivi, a una sceneggiatura: a una scrittura, cioè, che evoca più immagini in movimento che melodie sonore. Al di là di questa piccola considerazione, però, quello che matura durante le 126 pagine è la volontà di conoscere l’esistenza altrui scoprendola pezzo dopo pezzo. Ed è la spinta che porta l’autore e il lettore al cospetto di cinque affittuari di un immobile che fa capo all’anziano e apparentemente gentile Sig. Bisacco, proprietario dello stabile, inquilino del quinto piano nonché storico panettiere sempre all’opera nel forno del pianterreno.
Si parte dal presente, dalle personalità attuali che a causa di un trambusto notturno accorrono sul pianerottolo di Bisacco, e si comincia a scavare nel loro passato, uno per uno. Come dire: dimmi chi sei oggi, ti spiegherò cos’hai subìto ieri. Ovvero, le cause della nostra condotta, delle nostre paure e intolleranze vanno ricercate in quel che abbiamo incassato un tempo – più o meno direttamente e consapevolmente. Così su quel pianerottolo troviamo personaggi – nomen omen – come il coatto Achille; l’ingenua Sig.na Eco, con pargolo stretto al petto; Angelo, spiantato fotografo appassionato, costretto nel limbo del precariato e della sua codardia; la Sig.ra Vera, una sorta di “Marchesa d’Aragona” suis generis che nasconde nei francesismi e nei giri di perle una dispersa ricchezza da sempre fittizia; e infine Bisacco, vecchietto abitudinario e tendenzialmente d’animo buono che, però, non è immune all’ipocrisia, e persino alla misantropia, capace di armarsi fatalmente di pistola e tenere tutti in ostaggio finché non avrà scoperto quel ladro che gli ha rubato la cosa a lui più cara, vitale: se stesso.

Nella vita degli altri è un testo che lascia intendere, tra le sfumature biografiche dei personaggi (innescate da intervalli di lunghi flashback: una struttura un po’ statica e ripetitiva), una piega noir che, per costrizione domestica dei soggetti coinvolti, richiama anche quel senso di claustrofobia sovraffollata mista a impotenza generale percepibile nel salone de L’angelo sterminatore (1962) di Luis Buñuel. A questo si associa una scrittura intuitiva che accosta formule dialettali (munite di una traduzione immediata a detta – pare di capire – del personaggio stesso, che affatica l’immediatezza del dialogo) a passaggi più ricercati e poetici. E Michele Bravi regge le fila di una storia corale di vicende, esperienze e drammi personali più o meno estremi capaci di capovolgere (o sconvolgere) completamente o quasi la personalità e il comportamento umano. Ed è quest’ultimo aspetto che si percepisce come ridondante nell’economia narrativa del romanzo. Certo, l’interessante indagine negli animi di ognuno diventa il filo rosso che lega i personaggi nel microcosmo edilizio, ma, allo stesso tempo, riduce a se stesso (in una sorta di meccanismo causa-effetto) l’intero procedere di un racconto che, comunque, riserva una certa dose di colpi di scena.

 

Nella vita degli altri
di Michele Bravi

Editore: Mondadori
Collana: Novel
Anno edizione: 2018
Pagine: 126 p.