Genesis 2.0. Alla ricerca dell’ambizione e dell’avidità umana
Il documentario sul futuro della genetica scritto e diretto da Christian Frei, tra ritrovamenti scientifici e dilemmi etici
Ci sono alcune storie che, se non fossero narrate in eccellenti documentari come questo, potrebbero tranquillamente sembrare racconti di fantascienza, perfino fin troppo azzardati. Quello che vediamo in Genesis 2.0, presentato quest’anno nella sezione “World Cinema Documentary” del “Sundance Film Festival”, e in sala dal 24 settembre, è invece tutto vero e, come nei romanzi, ha il suo principio in una scoperta del tutto casuale.
Ogni anno, decine e decine di uomini affrontano il Mare Artico, salpando dalla Jacuzia verso le desolate isole della Nuova Siberia. Il viaggio, ricco di insidie, li conduce per un’intera stagione alla ricerca di zanne di mammut: un’avventura che si sviluppa in condizioni durissime.
A causa del surriscaldamento globale e dello scioglimento del Permafrost, però, le possibilità di trovare questi preziosi reperti sono via via aumentate nel tempo e per chi non ha nulla, per chi prova a dare una svolta alla propria vita, si tratta di un’appetibile caccia al tesoro: una zanna in ottime condizioni è stimata fino a novantamila dollari anche se, il più delle volte, bisogna accontentarsi di esemplari dal valore molto più basso. Prezzo pagato, e spesso sottopagato, da intermediari cinesi i quali, tornati in patria, vendono le zanne a incisori di straordinaria abilità. Le sculture così ricavate dall’avorio dell’antico mammut, richiedono anche un anno di lavoro per essere completate, raggiungendo cifre da capogiro – anche un milione di dollari.
Nel 2013, nel mezzo di una di queste spedizioni di ricerca, alcuni uomini si imbattono in qualcosa che è ben più di un semplice scheletro: mano a mano che scavano, infatti, ritrovano un mammut perfettamente conservato, compresi gli organi interni, la carne e la pelliccia. L’incredibile avvenimento attira l’attenzione della russa Università Federale del Nord-Est, dove lavora il professor Semyon Grigoriev, anche a capo del Museo del mammut. E durante le operazioni per il recupero della carcassa dell’animale accade qualcosa di ancor più sensazionale: all’interno c’è del sangue liquido. È l’inizio di un percorso verso un sogno, verso la possibilità di clonare questo famoso essere estinto ormai da decine di migliaia di anni. Una sfida nei confronti della natura stessa che ci conduce, passo dopo passo, in laboratori all’avanguardia dove l’unico scopo è catturare l’essenza della vita. C’è in ballo la sola ambizione di riportare in vita un essere preistorico, o qualcosa di più sinistro, di difficilmente immaginabile che viene sperimentato in larga parte, e a nostra insaputa, in strutture avanzatissime, dove c’è chi sostiene che «La parola di Dio è ancora imperfetta, ma noi possiamo rendere Dio perfetto»?
Christian Frei è di nuovo alla regia di un documentario, dopo essere già stato candidato all’Oscar nel 2001 con The War Photographer e aver vinto più recentemente il World Cinema Directing Award al “Sundance Film Festival” con Space Tourists. Per quest’ultima fatica, si è avvalso della collaborazione del siberiano Maxim Arbugaev il quale, con coraggio, si è unito per mesi ai cercatori di zanne di mammut, filmandone i notevoli sacrifici e le innegabili frustrazioni che una vita così dura impone. A caccia di un qualcosa che il più delle volte non verrà mai trovato, ricompensati al loro rientro con poche centinaia di dollari, sono proprio loro a fare brillantemente da contraltare agli asettici spazi in cui ci conduce Frei. Dove da un lato ci sono mezzi di trasporto malamente assemblati, sporcizia e cibo scarso, dall’altra troviamo enormi giri di denaro, centinaia di macchinari per gestire milioni di campioni di DNA prelevati a cittadini cinesi e, non senza una innegabile perplessità, perfino chi guadagna cifre altissime, clonando cani morti per ricchi padroni che non accettano l’idea di aver perso i loro amici a quattro zampe. Ci troviamo fra studenti di ogni parte del mondo che ogni anno affollano Boston per giocare con cellule e materiali biologici, allo stesso modo in cui noi un tempo giocavamo con i Lego, e vincere se possibile l’iGEM Competition, il maggior concorso di ingegneria molecolare, spianando la strada a sviluppi futuri che possiamo a malapena immaginare.
È questo un documento sfaccettato, che riesce a porci inquietanti interrogativi sulla scienza, sull’ambizione dell’uomo, e che ci mette di fronte dilemmi etici notevoli, sempre in bilico tra la sete di conoscenza, l’ambizione di sostituirsi a Dio (o alla natura, se volete) o la semplice avidità malcelata dietro altre velleità. È giusto raccogliere materiale genetico di milioni di cittadini? Una volta tramutato l’essere umano in un semplice flusso di dati, si penserà solo al suo bene o dobbiamo domandarci quali altri usi potrebbero esser fatti di tutto questo potere? Le masse ignare, ben simboleggiate dagli sfortunati esploratori a caccia di zanne, dispersi per mesi nella Nuova Siberia (splendidamente fotografata), non hanno modo di interferire con gli scienziati che, maneggiando ovuli e cellule, inseguono oggi l’idea di ricreare animali spariti dalla Terra per trovare la scintilla di una svolta epocale, un obiettivo ancora non conseguito, ma sembra essere solo questione di tempo. E se il prossimo giocattolo fosse l’uomo stesso?
GENESIS 2.0
Soggetto: Christian Frei
Regia: Christian Frei
Produzione: ZDF/Arte, Swiss National Television SRF, Swiss National Television RSI
Distribuito da: Trent Film
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