France. L’oppressione dell’onnipresenza
Da icona dei media a essere umano, il film di Bruno Dumont, dal 21 ottobre al cinema, con Lea Seydoux nei panni di una reporter che fa del giornalismo una culla di fama e denaro
Conosciamo già il fenomeno della spettacolarizzazione delle notizie dei media e annessi reportage; in Italia ne abbiamo vari esempi. Questo tema è ben analizzato nel film France di Bruno Dumont (in sala dal 21 ottobre), mostrato dal punto di vista della omonima protagonista France de Meurs, una giornalista superstar di una rinomata rete televisiva francese.
Tra ben architettati servizi di guerra e programmati bellicosi dibattiti tra politici, France denota le sue abilità di trasformare il giornalismo in una culla di fama e denaro: tutto a scapito della sua vita privata, alla quale sembra non dare un gran peso, visti i freddi rapporti con il marito e il figlio.
In questa atmosfera definita dalle accecanti luci degli studi televisivi, continue lusinghe e attestati di stima ricevuti, sembra che per France nulla possa andare storto. Però, una sua disattenzione le costa l’investimento di un rider con conseguente innesco della gogna mediatica nei suoi confronti: così s’incrina per sempre la tranquillità e la ferrea sicurezza professionale.
Da lì si apre una voragine nella corazza dello status di France che la rende più fragile, più umana, e porta il film in un altro sentiero. Se prima si vedeva un insieme di luce e esplosioni di colori che indicavano la potenza fascinosa della reputazione di France, da questo momento ci immergiamo in una tonalità più scura e triste. E lo si nota anche a livello interpretativo, grazie a Lea Seydoux che centra in pieno il bersaglio mostrando efficacemente il cambio di personalità di France, facendone soprattutto uscire il lato sensibile che caratterizza buona parte del prosieguo della storia.
Proporre una France più vulnerabile è la chiave interpretativa principale del messaggio del film: il suo personale passaggio da semplice ingranaggio dei media a essere umano ci fa capire che non siamo strumenti inerti di nessuno ma esseri viventi dotati di sensibilità ed emozioni. Un’argomentazione trattata attraverso il viaggio tortuoso della protagonista, con il ritrovato peso dei sentimenti che attestano la sua ritrovata umanità da troppo tempo accantonata per un lavoro che non fa altro che modificarla e mistificarla.
Che France sia un film in grado di portare avanti una tesi assai interessante capace di farci riflettere sul dominio esasperato dei media e degli effetti sulle persone sprofondate nei suoi meccanismi è innegabile. E indubbiamente, il lavoro del regista Bruno Dumont è esaustivo, dettagliato e palpabile; ma anche fin troppo annichilente, a causa delle ampie argomentazioni che spalleggiano una eccessiva prolissità avvertibile durante la visione. Prolissità alla quale si aggiunge un’indigestione causata dall’onnipresenza della protagonista che per tutto il film non fa altro che i conti con se stessa, lasciando, purtroppo, gli altri personaggi come macchiette senza anima e senza possibilità di confronto.
FRANCE
scritto e diretto da Bruno Dumont
con LeaSeydoux
Prodotto da: 3B Productions, Red Balloon Film, Tea Time Film, Ascent Film, Scope Pictures, Arte France Cinéma
Distribuito da: Academy Two