Short Theatre | Castellucci/Guidi + Muta Imago. Se il dialogo è una lotta con se stessi

By , in Teatro e Danza on . Tagged width: , , , , , ,
“Combattimento”

Per la nona giornata di festival, lo Short Theatre romano ha riservato, tra gli altri spettacoli, due stimolanti lavori: uno, Perché sei qui? (terza sezione de Il regno profondo, dopo La vita delle vite e Dialogo degli schiavi), è imputabile alle co-fondatrici della Socìetas Claudia Castellucci e Chiara Guidi; l’altro invece fa capo a Muta Imago, alias Riccardo Fazi e Claudia Sorace, impegnati in un particolare Combattimento.

Non si cercherà qui di trovare connessioni tra i due, né di individuare forzatamente elementi di familiarità. Avrebbe poco senso e scarso coinvolgimento. Piuttosto si vuole provare a rintracciare le modalità di approccio, di analisi, di ricerca intorno all’ampio concetto di relazione, di dialogo, di interazione che, per forma e contenuto certamente molto distanti tra loro, entrambe le rappresentazioni mettono in scena.

Partendo dalla performance di Muta Imago, la prima riflessione che s’innesca assistendo alla danza liturgica al femminile, che risponde alle resistenti Annamaria Ajmone e Sara Leghissa, è proprio la consistenza effimera del limite tra lotta e seduzione, affronto e attrazione. C’è l’incontro alla base di questa danza, c’è la dipendenza reciproca che ne deriva, e ci sono sfumature relazionali che provocano effetti opposti. Tra l’iniziale delicatezza dei movimenti si fanno largo abbracci violenti, contatti persistenti, studio del nemico mutato in ispezione maliziosa. Tutto, (in)volontariamente, si confonde in questo vis-à-vis diretto da Claudia Sorace e sviluppato in scrittura drammaturgica e sonora da Riccardo Fazi, dove, come in un processo di vestizione, Ajmone e Leghissa si ornano di piumaggi, lacci e busti per diventare valchirie in “armatura” mosse da impeti dionisiaci per ostentare, vantare della propria forza, celebrare ritualità umane e animali con movimenti spezzati, selvaggi.

È un terreno d’indagine ampio, potenzialmente infinito, “il concetto di amore come guerra” che Muta Imago sceglie di esplorare in modo curioso: mettendo a nudo l’istinto, l’irrazionale, l’azione fisica immediata e osservandone i sintomi fino alla fine di questo duello tra pistolere sempre più assuefatte che si scontrano per attirarsi una contro l’altra, per attrarsi una all’altra. Fino a quando la stanchezza avrà la meglio su entrambe: sul campo di battaglia vince chi rimane in piedi, con tutte le ferite, i pezzi rotti, le perdite.
E alla musica è affidato il ruolo di ritmico veicolo cronologico che ci guida in mezzo allo svanire del tempo, dello spazio e delle identità. Poco per volta il riconoscibile perde concretezza: identificare queste due presenze, capire dove sono, e perché si danno il tormento, non ha più importanza. Di certo c’è e resta il fatto che sono necessarie l’una all’altra. Non a caso – piccola riflessione a margine – bisogna essere almeno in due per fare la guerra, per fare l’amore, per fare teatro.

“Perché sei qui?” foto Claudia Pajewski

Nel primo lavoro citato in apertura, cioè Perché sei qui?, Castellucci/Guidi propongono una lettura drammatica che si consuma su una piccola tribuna (munita di due pedane girevoli e due microfoni), per impegno di voci, sincronia, idiomi para-dialettali, intonazione, di due “luogotenenti” che sfoggiano identica mise scura bigotta e mortificante, identica postura statica e identico impulso fisico totalmente annichilito dall’inerzia. Sono relativamente immobili. E immobili danno vita a un flusso di parole che, a dispetto dei loro corpi, diventa energico, imprevedibile, trasportato dal movimento delle voci femminili corali perfettamente coincidenti. Una coincidenza che nasce dal lavoro binario di scrittura di Chiara Guidi e regia vocale di Claudia Castellucci intorno alla forma (significante) e al senso (significato) della parola.
Un lavoro semiotico sul peso della parola, sulla sua materia e sulla sua estetica, che si deve sia allo studio affasciante della Guidi sulla voce, sul suono come entità visibile che ricopre la parola con un proprio senso pieno e immediato, sia al testo pensato dalla Castellucci che intreccia domande apparentemente elementari, banali – si legga il titolo stesso – per immergerle in contesti quotidiani. Questioni semplici, fulminee, alla portata di tutti, ma che, a ben vedere, nella routine esistenziale non ci poniamo mai. Forse perché troppo scontate. O forse perché, in fondo, non sapremmo dargli risposta (se non precaria). “Cosa ci faccio qui?”, “Chi sei?”, “Come ti chiami?”: domande logiche poste, ribadite – ma a chi? A noi spettatori? A loro stesse? A nessuno? – sempre più spudoratamente, con tonalità diverse, con celerità diverse, con escalation sonore e interruzioni improvvise, con serietà ferma e ironia disarmante. 

C’è un moto perpetuo di parole in scena. Parole scritte o lette – perché proiettate sullo sfondo – delle quali si comprende innanzitutto il loro significante. Parole pronunciate, ascoltate, che si accolgono innanzitutto nel loro significato: è l’antitesi tra questi due elementi, così come tra la fermezza dei corpi e le velocità della voce, a concentrare la nostra attenzione su questo spazio scenico scarno e inerme. Ed è sufficiente per condurci in un vortice tanto complesso e personale di dubbi, di riserve, da culminare in un inafferrabile “ciao”. Non serve molto altro. In effetti non serve neppure restare. Ciao.

 

 

Claudia Castellucci / Chiara Guidi – Il regno profondo. Perché sei qui?

 

scritto da Claudia Castellucci

regia vocale Chiara Guidi

interpretato da Claudia Castellucci e Chiara Guidi

musiche Scott Gibbons, Giuseppe Ielasi

direttore tecnico Eugenio Resta

fonico Andrea Scardovi

organizzazione Elena De Pascale e Stefania Lora

produzione Societas

 

Muta Imago – Combattimento

 

regia Claudia Sorace

con Annamaria Ajmone, Sara Leghissa

drammaturgia e suono Riccardo Fazi

direzione tecnica Maria Elena Fusacchia

costumi Fiamma Benvignati

organizzazione Martina Merico

produzione Muta Imago

con il sostegno di Angelo Mai

Compagnia finanziata dal Mibact