Bea. Il prezzo della vita
Al Cubo Teatro di Torino, in anteprima nazionale, Mulino ad Arte affronta il testo del britannico Mick Gordon sulla drammatica questione del Fine Vita
Ci si chiede dove sia il confine tra vivere e sopravvivere. Ci si chiede come si possa stabilire la distanza tra scegliere per sé e persistere per gli altri. Ci si chiede come si possa misurare il valore minimo di dignità e di empatia. Ci si pone interrogativi e ci si commuove vedendo il lavoro che la compagnia Mulino ad Arte ha proposto in anteprima nazionale al Cubo Teatro di Torino lo scorso 14 aprile. S’intitola Bea, un testo dell’autore britannico Mick Gordon che – tanto vale dirlo subito – arriva in pieno petto. E a scagliarlo sono Clara Galante, Sena Lippi e Daniele Ronco, diretti da Marco Lorenzi.
Si canta, si balla, ci si scatena tra musiche e colori all’interno di una casa/stanza sproporzionata con un letto raggiungibile solo scalando comodini e guardaroba (le scene sono di Jacopo Valsania), e si fa i conti con l’irreversibilità delle condizioni di salute della giovane Bea – Beatrice (Sena Lippi) -: lei, indole determinata, spigliata e schietta, non vincerà mai la malattia che obbliga il suo fisico all’assistenza continua, alla dipendenza quotidiana, al dolore cronico. È un universo drammatico quello descritto da Mick Gordon, estremamente vivo e vitale, malgrado tutto. Un universo condiviso dalla severa e formale mamma di Bea (Clara Galante) che affida le cure della figlia a un infermiere specializzato (Daniele Ronco), un po’ imbranato con le parole, un po’ preda dell’imbarazzo, ma, poco a poco, in piena empatia con entrambe.
Empatia. La nostra capacità di provare empatia: è questo il fulcro emotivo e razionale dello spettacolo. E diventa un colpo al cuore quando lei, Bea, chiede alla madre la cosa più straziante, più inconcepibile, più inaccettabile che un genitore possa ascoltare. Tra scontri e complicità (bello il feeling recitativo Galante-Lippi-Ronco), affetto personale e richieste indecenti, patimenti passati da accettare, desideri presenti da afferrare, supplizi futuri da scongiurare, si sale e si scende – dentro e fuori dal letto – in questa vita rotta, arrabbiata, esaltata. Si sta tra ragione e sentimento per riflettere sul valore etico e morale di chi abbia il diritto e la responsabilità di decidere, se si debba soffrire invano, quale sia un gesto d’amore e quale di accanimento. Non si tratta di individuare un “buono” o un “cattivo”, né di giudicare o accusare azioni o intenzioni. Si tratta piuttosto di porsi di fronte alla terribile tragedia di un’esistenza straziante domandandosi: l’affetto può essere tanto tenace da diventare egoismo? È sempre giusto pretendere la resistenza? E morire significa davvero arrendersi?
Bea
di Mick Gordon
traduzione Francesco Scarrone
regia Marco Lorenzi
con Clara Galante, Sena Lippi , Daniele Ronco
scene Jacopo Valsania
costumi Roberta Vacchetta
una produzione Mulino ad Arte, 2019
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