Syntax Ensemble. Percepire, vedere il tempo
Il concerto al Teatro Dal Verme di Milano, con quattro brani di musica contemporanea intorno alla mutevole concezione della temporalità
Non capita tutti i giorni di sentire un’esecuzione dal vivo (non solo per il periodo che stiamo vivendo) come quella che, lo scorso venerdì 4 settembre al Teatro Dal Verme di Milano, ha proposto Syntax Ensemble, all’interno di una serie di appuntamenti cameristici dedicati al contemporaneo.
In scaletta, quattro brani che mettono in luce due generazioni di compositori, quella degli anni Cinquanta e quella degli anni Settanta: compositori che non hanno più nessuna velleità di scandalo, come sottolinea il compositore Alessandro Melchiorre in un’apprezzabile introduzione al concerto. Si tratta di Philippe Leroux, Invan Fedele, Evis Sammoutis e Andrea Portera.
L’intero programma, e più in generale l’intera stagione che propone Syntax ensemble, si concentra sul concetto di tempo e sulla diversità della sua percezione e visione. Prendere in considerazione l’idea del tempo in un momento storico in cui proprio il tempo sembra perdere i significati che conoscevamo, mutando in uno sconosciuto compagno che ci riserva dei colpi di scena, sembra una riflessione artistica particolarmente convincente.
Nel primo brano eseguito, Postlude à l’épais di Philippe Leroux, è molto interessante la varietà e la densità timbrica che si compone e si scompone, dando origine a risultati poco attesi. Un’esecuzione che nasce da un pianissimo iniziale straniante, magistralmente eseguito, e che diventa materia decisamente concreta nei gesti d’insieme che i musicisti rendono con estremo virtuosismo.
Haru Haiku di Ivan Fedele è il secondo brano. Colpisce molto e destabilizza quasi la lettura degli Haiku prima dell’inizio dell’esecuzione musicale ma, allo stesso tempo, è utile al pubblico per entrare in una dimensione altra, per spostarsi in una cultura altra.
Ci si immerge in questo brano viaggiando un po’ con la fantasia, immaginando significati più o meno afferrabili per i piccoli aforismi. Si può rintracciare l’intenzione di portare l’ascoltatore in uno spazio temporale conosciuto ma lontano. Questi diciannove Haiku messi in musica scorrono come piccoli frammenti di tempo, catturando l’attenzione per un momento breve che sembra essere fuggevole addirittura al suo interno. E per diversi di questi frammenti è la voce a dialogare con le percussioni, in un ritmo a volte serrato e affannoso, quasi a voler scandire un tempo fugace e inafferrabile; altre volte, invece, si procede in omoritmia, come in un incontro tra la percezione del tempo e la sua inesorabilità.
Si rimane in una dimensione esotica ascoltando il terzo brano, Secret Garden di Evis Sammoutis. Ispirato all’omonimo quadro del pittore armeno Arshak Sarkissian, all’interno del quale la realtà è mutevole e le sembianze umane si uniscono a quelle mitologiche, si percepisce una concezione del tempo lontana, quasi immobile, che vive nelle risonanze del presente. Risonanze che, invece, si muovono all’interno dell’ensemble con una grande ricercatezza timbrica.
L’ultimo brano in programma, quello di Andrea Portera, compositore presente in sala, ci riporta in una dimensione più concreta, probabilmente anche più vicina al sentire del pubblico. Il viaggio della madre ha al suo interno radici di sentire comune, di tradizione popolare. Il tempo in questo brano è quello del presente e del passato, delle fasi della vita di un uomo, del ricordo, della nostalgia e degli affetti. L’esecuzione dell’ensemble è appassionata e viene suggellata da un grande apprezzamento da parte del pubblico.
Un programma diversificato, particolare e inusitato che scorre coinvolgendo tutti in una tensione che non accenna a calare. Merito sicuramente della scelta dei brani, ma anche del virtuosismo dei singoli componenti dell’ensemble, della loro complicità nell’esecuzione e della sorprendente precisione di gesto del direttore Pasquale Corrado.
Un’esecuzione nel complesso stupefacente quella del Syntax ensemble che, al primo appuntamento della sua seconda stagione, calca la scena con la solidità e la ricercatezza di un gruppo veterano ma con l’energia e il pathos di chi sa di avere molto da dire.
Syntax Ensemble
Season #2
Philippe Leroux, Postlude à l’épais (10′)
per flauto, clarinetto, violino, violoncello, pianoforte
Ivan Fedele, Haru Haiku (18′)
per soprano, clarinetto, percussioni, violoncello
Evis Sammoutis, Secret Garden (6′)
per flauto, clarinetto, violino, violoncello, pianoforte, percussioni
Andrea portera, Il viaggio della madre (15′)
per soprano, flauto, clarinetto, pianoforte, percussioni, violino, violoncello
Valentina Coladonato, voce
Maruta Staravoitava, flauti
Marco Ignoti, clarinetti
Francesco D’Orazio, violino
Michele Marco Rossi, violoncello
Anna D’Errico, pianoforte
Dario Savron, percussioni
Maurilio Cacciatore, elettronica
Pasquale Corrado, direttore
Teatro Dal Verme
Via San Giovanni Sul Muro, 2, Milano
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