TFF 38 | Il buco in testa. Per rancori, vittime e lotta armata
L’omicidio Custra, gli anni di piombo e una Napoli in rovina nel film fuori concorso di Antonio Capuano, con gli ottimi Teresa Saponangelo, Tommaso Ragno e Francesco Di Leva
Il dramma è ispirato a una storia vera, l’habitat è quello di una Napoli decadente e la vicenda personale è quella di Maria (ottimamente interpretata da Teresa Saponangelo), che conduce una quotidianità fatta di stenti e di ricerca infinita di un lavoro che tarda ad arrivare (fallisce anche la sua domanda di entrare nella nettezza urbana). Per lei non ci sono neanche uomini, se non storie effimere senza un futuro. Priva di un futuro è anche la sua vita che, infatti, sembra non voler mai cominciare perché segnata da una tragedia accaduta addirittura prima lei nascesse: suo padre, vice brigadiere di polizia, viene ammazzato a Milano durante i tafferugli fra forze dell’ordine e studenti di estrema sinistra.
Il buco in testa, sceneggiato e diretto da Antonio Capuano, presentato Fuori concorso, è basato sulla reale storia di Antonia Custra, la donna che decise di perdonare pubblicamente l’attivista di Autonomia Operaia Guido Mandelli il quale, nel 1977, si macchiò dell’uccisione dell’agente Antonio Custra. Cambiano i nomi, per non essere costretti dai laccioli dell’opera documentaristica, e si dà sfogo a una maggiore creatività per poter parlare del fardello sociale che, ancora oggi, i cosiddetti anni di piombo hanno imposto al nostro paese. Un fardello fatto di rancori, di vittime innocenti, di carnefici che hanno trovato i bersagli sbagliati per la loro inutile lotta. Un gorgo di violenza che ha chiamato solo altra violenza senza risolvere nulla e segnando nel peggiore dei modi le vite dei protagonisti.
È una ferita che non si rimargina. Sua madre, ancora incinta nel momento in cui il marito viene colpito mortalmente da un proiettile vagante, soffre per questo di gravi problemi psicologici. Quando finalmente a Milano, dopo decenni, l’assassino di suo padre (il sempre lodevole Tommaso Ragno) viene scarcerato, per Maria si profila una scelta complessa. La rabbia per la disperata realtà che le è toccata adesso può essere sfogata su qualcuno che odia da sempre. Decide, dopo una riflessione tormentata, di partire per Milano, pistola nella borsetta, per parlare con chi ha rovinato la sua esistenza ancor prima di venire al mondo. Per cercare di capire, di farsi giustizia, di liberarsi. Ma finisce per incontrare un uomo sofferente e finito, diverso da quello che si aspettava.
Insomma, il materiale interessante c’è, tanto più che Capuano ne parlò a lungo proprio con la diretta interessata quando ebbe l’idea di questo progetto, anche se Antonia (purtroppo morta anni fa a soli quarant’anni) inizialmente non ne era entusiasta. Brillante il titolo, Il buco in testa, che allude sia al grande vuoto che Maria percepisce da sempre nella sua vita, sia al più macabro dettaglio del punto in cui la pallottola ha centrato mortalmente il padre. Nonostante queste buone premesse, va detto che la storia sembra ondeggiare senza trovare una sua precisa direzione, soprattutto durante il lungo flashback che ci illustra le giornate vissute prima di prendere il fatale treno per la Lombardia.
E sono giornate fatte di tristezza, mortificazioni e sacrifici. Di storie d’amore che non sbocciano mai o che, al contrario, si esauriscono dopo le prime passioni. Di rapine impunite, di lavori mai pagati. Ne esce però una serie di episodi che appaiono fini a se stessi, impegnati più a dipingere la solita Napoli stracciona, in rovina, fatta di scugnizzi, di professori appassionati ma destinati al fallimento (bravissimo nell’interpretarlo Francesco Di Leva), di degrado urbano, di sigarette sempre in bocca. Una singolare vicenda di aborto clandestino è quella che più stona con tutto il resto, apparentemente slegata dalla narrazione generale e inserita per insistere, forse, sull’idea del totale abbandono civile in cui ci si muove. Come se già non fosse chiaro. Seguire il filo logico diventa dunque un po’ arduo, anche a causa del dialetto partenopeo strettissimo che si parla e che, pur cercando di dare una forte connotazione di realismo al tutto, rende difficile comprendere molti dei dialoghi. Arriviamo faticosamente al finale, che sembra essere stato rimandato un po’ troppo a lungo, e che pare manchi della grande forza simbolica che gli si voleva conferire. Probabilmente, questo accade proprio perché ci si è un po’ persi per strada nel raccontare in modo prolisso l’antefatto, ed è un vero peccato considerata la notevole bravura di tutti gli attori.
UN BUCO IN TESTA
Sceneggiatura: Antonio Capuano
Regia: Antonio Capuano
con: Teresa Saponangelo, Tommaso Ragno, Francesco Di Leva, Daria D’Antonio
Produzione: Eskimo, Rai Cinema
Distribuzione: Minerva Pictures Group
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