Rapina a Stoccolma, crime comedy paradossale

Il caso del furto svedese da cui deriva lo stato di dipendenza psicologica raccontata nel film di Robert Budreau, in una divertente commedia adatta a tutti

La famosa Sindrome di Stoccolma. Il partner perfetto di polizieschi, thriller e di tutti quei film che strizzano l’occhio ai cattivi, anziché ai buoni. La conoscono in molti, ma in pochissimi sanno a cosa deve il suo nome. Robert Budreau viene in nostro aiuto, andando a ricostruire i fatti di una vicenda ben nota in Svezia, attraverso una crime comedy tra ironia e tensione, follia e paradosso.

“Rapina a Stoccolma”. Regia Robert Budreau

Una volta spente le luci, ci troviamo a seguire Lars Nystrom (Ethan Hawke) che, con la tranquillità di chi sta andando a fare un picnic domenicale, si avvia verso la Kreditbank di Stoccolma per rapinarla. Prenderà in ostaggio alcuni impiegati e costringerà la polizia a scarcerare il suo amico Gunnar (Mark Strong). Da qui inizierà un turbinoso braccio di ferro con le autorità, giocato sul filo del rasoio. Si creerà un bizzarro rapporto di amicizia con gli ostaggi che preferiranno fuggire con i propri sequestratori, piuttosto che essere salvati dalle forze dell’ordine. Ci sarà questo e molto altro, ma ogni cosa è realmente accaduta nel 1973 in quella banca.
Robert Budreau confessa che una volta interessatosi alla storia, si è recato personalmente a Stoccolma per poter passare del tempo tra gli archivi e il museo della polizia, recuperando foto, verbali e altro materiale. Una volta ricostruito il quadro dei fatti, la sceneggiatura era praticamente già scritta. La vera missione in questo caso non era tanto evitare di cadere in una banale esposizione dei fatti, bensì rendere questa stramba verità quanto più autentica e sensata possibile.  

“Rapina a Stoccolma”. Regia Robert Budreau

Una buona sinossi, tuttavia, non basta per fare un buon film, così mentre le trattative vanno avanti, assistiamo al progressivo e graduale sviluppo dei personaggi. Il soggiorno all’interno della banca si trasforma in un piccolo viaggio introspettivo nella mente di ognuno dei protagonisti, dove inizierà a nascere l’interrogativo su chi siano realmente i buoni e chi i cattivi. La canonica assegnazione dei ruoli, infatti, striderà sempre di più con il tipo di comportamento e di rapporto che si verrano a creare all’interno della storia. Da una parte troviamo il rapinatore, il cattivo, che si sincera delle condizioni degli ostaggi, che prende le loro difese e arriva ad anteporre le loro richieste alle proprie. Dall’altra abbiamo una polizia che si preoccupa solo di mostrare narcisisticamente i propri muscoli e le istituzioni che cercano, con mezzi più o meno leciti, di fomentare la massa a chiedere la testa dei rapinatori. In questo clima surreale, trova terreno fertile la famosa sindrome: lo stato psicologico che spinge ad affezionarsi e a voler stare dalla parte dei propri rapinatori, al punto da non sentirsi più ostaggi ma complici.

E l’assurda missione di far sembrare vero ogni folle passaggio di questa storia viene risolta facendo ruotare le varie trame attorno a una singola parola, un singolo concetto: equilibrio.
Lars Nystrom, malgrado il suo essere eccentrico, riesce a vestire i panni del perfetto ladro gentiluomo, suscitando un po’ di terrore e un po’ di tenerezza, in apparente armonia tra il fingersi un duro e il nascondere un cuore tenero. Un’armonia instabile che ritroviamo in Bianca (Noomi Rapace) e negli altri ostaggi che, vedendo le istituzioni infrangere le regole da loro stesse prodotte, brancolano nel limbo tra cosa sia giusto e cosa sbagliato.
Equilibrio, appunto. Quello perfetto di un film che coinvolge e diverte senza sembrare forzato e banale. Rapina a Stoccolma è il tipico film famigliare che accontenta grandi e piccoli: con una calibrata misura tra azione, intrighi e suspense da una parte, comicità, linguaggio pulito e leggerezza dall’altra.

 

Rapina a Stoccolma

Regia: Robert Budreau

Sceneggiatura: Robert Budreau

Con Ethan Hawke, Noomi Rapace, Mark Strong

Distribuito da M2 Pictures