Megalopolis. Caduta e rinascita dell’Impero Occidentale
Dal 16 ottobre al cinema, l’opera destabilizzante di Francis Ford Coppola, tra il disordine del presente e le fragilità delle civiltà umane. È un grande film? No, è indimenticabile
Megalopolis di Francis Ford Coppola è impossibile da ignorare. Non cerca di adattarsi alle aspettative del cinema tradizionale. È un canto del cigno audace, sovraccarico, nato dalla mente di un autore che ha trascorso decenni a dare vita a una visione febbrile.
Una sfida epica, un tentativo di catturare lo spirito irrequieto dei nostri tempi. E, pur inciampando nella sua stessa ambizione, rimane un’opera che lotta contro ogni regola e ogni previsione.
Coppola ha affrontato sacrifici enormi per realizzare questo progetto. Dopo quarant’anni di tentativi, ci offre un’esperienza che sfida la logica del cinema convenzionale, un’opera nata da una dedizione eroica, al punto da finanziare con il proprio patrimonio questo sogno visionario da 120 milioni di dollari. Un sogno tanto estremo quanto surreale, a rischio di essere un fallimento economico, ma anche un monumento all’ambizione pura.
La storia è un sogno febbrile, quello di Cesar Catilina, interpretato da Adam Driver: un famoso e geniale architetto in bilico – letteralmente nella scena d’apertura, dove si aggrappa al Chrysler Building per fermare il tempo, in una visione potente che racchiude l’essenza del film – che sogna di costruire una città utopica, Megalopolis, mentre si scontra con il sindaco di New Rome, Franklyn Cicerone (Giancarlo Esposito).
Cesar vuole costruire un nuovo mondo sulle ceneri del vecchio, con il Megalon, una sostanza viva e organica, mentre Cicerone lotta per risolvere le urgenze di una città in crisi. I dialoghi sono arcaici, vertiginosi, con citazioni di Shakespeare e Ovidio, e momenti in cui Driver declama il soliloquio “Essere o non essere” di Amleto. Questi dialoghi contribuiscono a creare un’atmosfera surreale, sottolineando l’ambizione visionaria del film e aggiungendo un elemento di teatralità che enfatizza la disconnessione dal realismo.
La narrazione è un intreccio di opulenza, romanticismo e intrighi politici. Coppola mescola frammenti della sua carriera — Il padrino, Tucker, Apocalypse Now — in un caos irriverente, spesso bello, a tratti esasperante.
Megalopolis è un viaggio nella testa di un giovane Coppola. Le immagini oscillano tra momenti di autentica brillantezza – come Cesar che cammina attraverso una città da incubo, dove le statue prendono vita, per cadere, e le architetture si trasformano continuamente, creando un ambiente alienante e onirico – e scene che appaiono vuote, quasi affrettate, suggerendo un contrasto tra sogno e realtà.
La grandiosità dell’ambientazione è innegabile: i design elaborati d’ispirazione art deco e le feste decadenti evocano la rovina di una civiltà, permeando il tutto di una teatralità che enfatizza la natura artificiale e simbolica del film.
Ambientato in un’America favolistica che richiama l’Impero Romano, il film, in uscita il 16 ottobre e distribuito in Italia da Eagle Pictures, racconta una civiltà travolta dal proprio frenetico sviluppo, incapace di sostenere il peso delle sue stesse ambizioni.
Coppola suggerisce che la vera rivoluzione consista nel riscoprire le proprie radici, rompere le convenzioni e abbracciare l’individualità autentica, come risposta alla crescente disumanizzazione del progresso tecnologico e sociale. Questo ritorno alle origini diventa un atto di rivoluzione, un invito a rivalutare cosa significhi veramente progredire, sovvertendo l’idea che il progresso debba necessariamente essere sinonimo di crescita inarrestabile.
L’influenza di Metropolis di Fritz Lang è evidente, dalle architetture grandiose alle atmosfere distopiche. Ma nelle mani di Coppola questi elementi diventano qualcosa di più indefinito e sfuggente: un intreccio filosofico che si dispiega senza mai arrivare a una vera conclusione.
Megalopolis è totalmente disfunzionale, sfugge a ogni regola del giudizio cinematografico. Ogni elemento sembra improponibile e impresentabile, un insieme caotico che sembra destinato a fallire, eppure è proprio in questo fallimento apparente che risiede la sua grandezza.
Coppola costruisce un’opera che obbliga lo spettatore a confrontarsi con il caos dei nostri tempi, trasformando quel caos in un mezzo espressivo che diventa sia rappresentazione che percezione, rendendo l’opera un riflesso di se stessa: un’esperienza fatta forse per essere vissuta e ricordata più che compresa, creando così un’esperienza artistica unica e destabilizzante.
Il film è un dialogo (lasciato volutamente aperto) – non solo con gli spettatori di oggi, ma anche e forse soprattutto con quelli di domani -, una riflessione sulla fragilità delle civiltà umane, un messaggio in una bottiglia lanciato tra le onde del tempo. Però è carente di connessioni umane autentiche: i personaggi sono spesso simbolici, più che reali. La relazione tra Cesar e Julia è poco convincente, poiché manca di profondità emotiva e i loro dialoghi risultano distaccati, rendendo difficile per lo spettatore identificarsi con loro.
Al contrario, Claudio, interpretato da Shia LaBeouf, riesce meglio a trasmettere frustrazione e rabbia, grazie a una caratterizzazione più sfumata e a interazioni più intense. Ma alla fine, questo ha poca importanza. Megalopolis trascende se stesso, diventa qualcosa di unico, destinato a sopravvivere nel tempo.
È un grande film? Non proprio. Piacerà? Probabilmente no; e, comunque, a pochi. Ma è un film che non si può dimenticare, pieno di quella passione che solo chi ama visceralmente il cinema può trasmettere.
Coppola crea un universo visivo straordinario, in cui la città diventa un’entità viva, con la sua decadenza, le sue aspirazioni, i suoi sogni infranti.
Il regista ha rischiato tutto per questo film, un atto di follia creativa che forse è esattamente ciò di cui il cinema aveva bisogno: qualcuno disposto a mettere in gioco ogni cosa per un’idea, lasciando che un sogno, per quanto imperfetto e caotico, prenda vita e sopravviva al tempo. E, in questo senso, Megalopolis rappresenta non solo un film, ma un manifesto della sovversione artistica, un richiamo a osare e a credere nella forza indomabile dell’immaginazione.
MEGALOPOLIS
un film di Francis Ford Coppola
con Adam Driver, Giancarlo Esposito, Nathalie Emmanuel, Aubrey Plaza, Shia LaBeouf, Jon Voight, Laurence Fishburne, Talia Shire, Jason Schwartzman, Kathryn Hunter, Dustin Hoffman
Produzione: American Zoetrope, Lionsgate
Distribuito da: Eagle Pictures