Hayao Miyazaki e l’Airone. Il tempo, il genio e il tormento di un artista senza fine
Il documentario di Kaku Arakawa esplora il percorso creativo del maestro giapponese. Dal confronto con la mortalità all’equilibrio tra arte e vita, riflettere sul valore delle azioni e sulla necessità di vivere con coraggio
Il lavoro di Kaku Arakawa, Hayao Miyazaki e l’Airone, (al cinema dal 25 novembre) è più di un ritratto di un artista. È una meditazione sull’arte stessa. È un dialogo tra il genio creativo e il tempo, tra la bellezza e il sacrificio, tra l’umano e il divino.
Girato nell’arco di sette anni durante la lavorazione de Il ragazzo e l’airone, ultimo lungometraggio del maestro giapponese, il film esplora i segreti, i tormenti e le gioie di una mente che non conosce riposo.
Non è una pellicola sulla creazione, ma sull’urgenza di continuare a creare. Dopo aver annunciato il ritiro più volte, come un attore che fatica a lasciare il palcoscenico, Miyazaki si ritrova intrappolato in una pensione che sente forzata. «Come vivrò?», si domanda. Un quesito esistenziale che attraversa tutto il documentario.
La sfida del tempo: tra eredità e ripetizione
Miyazaki, ormai prossimo agli ottant’anni, si confronta con la fragilità dell’età avanzata e il peso della sua eredità. «Non è il fallimento a spaventarmi – riflette -, ma l’idea che ciò che creo possa non essere all’altezza dei sogni che mi hanno guidato». Ogni disegno, ogni fotogramma è una sfida contro il tempo, un tentativo di lasciare qualcosa che duri oltre la propria esistenza.
La ripetizione è il motore che lo tiene in vita. Il documentario cattura questa routine creativa nella sua circolarità: tornare allo studio, disegnare, scartare, ricominciare. Non si tratta di un processo sterile. Ogni ciclo è animato da una pulsione vitale che impedisce «al tetto del cervello di chiudersi», come dice lui stesso. Ma questa ripetizione ha un costo. «Non si torna indietro», afferma con consapevolezza. Ogni creazione è anche una ferita che non si rimargina mai del tutto.
Takahata Isao: il dialogo con la mortalità
Il fantasma di Isao Takahata, maestro di Miyazaki ma anche suo rivale creativo, nonché cofondatore dello studio Ghibli, aleggia per tutto il film. La loro relazione, segnata da un rispetto profondo e da un’intensa competizione, è il punto focale di una riflessione più ampia sul tempo e sulla morte. La scomparsa di Takahata è per Miyazaki un lutto personale, ma anche un inevitabile confronto con la propria opera.
Ogni creazione è un atto di resistenza contro il vuoto. «Il mio tempo sta per scadere», confessa in uno dei momenti più intimi del film. Eppure, non c’è rassegnazione, ma una straordinaria irrequietezza creativa che lo spinge a superare continuamente i propri limiti, a cercare nuovi modi per esprimere la sua visione artistica.
Toshio Suzuki: l’airone nella trasposizione e nella vita reale
Toshio Suzuki, storico produttore dello Studio Ghibli e amico di lunga data di Miyazaki, ha avuto un ruolo cruciale sia nella vita che nella carriera del regista. Nel film Il ragazzo e l’airone, Suzuki è rappresentato come l’airone, una figura enigmatica che guida e sfida il protagonista. Nella vita reale, Suzuki è molto più di un semplice collaboratore: è un punto di riferimento per Miyazaki, supportandolo nei momenti di crisi e incoraggiandolo a proseguire.
Con il suo approccio pratico e la profonda comprensione della visione artistica di Miyazaki, Suzuki ha contribuito in maniera decisiva alla creazione di molti capolavori, incluso Il ragazzo e l’airone.
La loro collaborazione è un esempio di come un produttore e un artista possano lavorare insieme per creare opere che rispecchiano sia le loro sfide personali che la loro visione comune.
Il documentario non si limita a celebrare l’opera di Miyazaki, ma ne esplora anche le contraddizioni. Emergono le perplessità dell’autore riguardo allo stile animato moderno, come quello di Evangelion, interpretato da Takeshi Honda ed Eiji Yamamori per la resa finale delle immagini de Il ragazzo e l’airone. Viene affrontato anche il rapporto di fiducia con Hiromasa Yonebayashi (Arrietty), tornato a lavorare alle animazioni di Miyazaki dopo Principessa Mononoke.
La sfida di Miyazaki è anche quella di rapportarsi con tutti i componenti dello Studio Ghibli e con i collaboratori coinvolti nel progetto del film, in una maratona senza orari e limiti volta alla realizzazione del suo sogno artistico.
La natura e la quotidianità come rifugio
La natura, come l’airone del titolo, è duplice: guida e inganno, violenta e affascinante. Per Miyazaki, rappresenta la vita stessa, un equilibrio di contrasti senza risposte semplici. Questa visione permea ogni suo lavoro e si riflette nel documentario, mostrando l’unità tra l’artista e il mondo che lo circonda.
In questa vastità, i piccoli rituali quotidiani – il tè, la cura del giardino – diventano un rifugio. Nelle abitudini più semplici, Miyazaki trova il contesto ideale per coltivare le sue idee.
La creazione nasce dalla semplicità, ma aspira all’infinito. Il documentario offre uno sguardo intimo su Miyazaki: dalle piccole gentilezze verso i bambini alle passeggiate solitarie, fino alle memorie dei giorni passati e alle riflessioni sull’arte, il cinema, la natura e la transitorietà della vita.
Ogni dettaglio della quotidianità – il bollitore che fischia, le risate dei bimbi che giocano – si intreccia con i personaggi e i paesaggi animati che popolano la sua mente.
Arakawa cattura il fragile equilibrio tra questi mondi, ricordandoci che l’arte di Miyazaki non è mai stata solo evasione. È un riflesso complesso della realtà, fatta di contraddizioni che non possono essere controllate, ma solo accettate. Questa lezione si riflette nella metafora delle tredici pietre sul tavolo del prozio del protagonista de Il ragazzo e l’airone: un simbolo dell’instabilità e della precarietà della vita.
Un maestro vulnerabile: il costo della perfezione
Miyazaki non nasconde i costi della sua ricerca di perfezione. «Ho divorato tutti», ammette, parlando dei giovani talenti che ha formato e consumato.
Miyazaki riconosce di aver spinto questi giovani fino al limite, chiedendo loro dedizione assoluta e sacrifici personali. Nonostante i rimorsi, non riesce a fermarsi. Arakawa cattura questa vulnerabilità con delicatezza.
La fatica del processo creativo, i dubbi sul futuro, la consapevolezza del fallimento: tutto è parte di un ritratto profondamente umano.
Un volo verso l’infinito
Nel finale, il documentario diventa un testamento. Come in Il ragazzo e l’airone, Miyazaki ci invita a riflettere su come utilizziamo le nostre “pietre buone”. E voi, come vivrete?
Il film è anche una riflessione sulla morte, che di tanto in tanto si palesa portando via persone care al maestro, ma che diventa una riflessione profonda sulla vita, come spesso l’idea della morte spinge a fare.
Hayao Miyazaki e l’Airone non è solo un documentario, ma un invito a vivere con coraggio. Attraverso il ritratto di un maestro instancabile.
Con una narrazione che intreccia malinconia e speranza, semplicità e complessità, il film ci accompagna in un volo verso l’infinito. Non importa quanto il tempo stringa: c’è sempre qualcosa di meraviglioso da creare.
HAYAO MIYAZAKI E L’AIRONE
Un film di Kaku Arakawa
con Hayao Miyazaki, Toshio Suzuki
Produzione: Studio Ghibli
Distribuito da: Lucky Red