Close. Il significato inspiegabile dell’amicizia
Dal 4 gennaio al cinema, la sensibilità profonda di il film di Lukas Dhont in un (meraviglioso) film sull’affetto fraterno e sulla difficile lotta per la definizione della propria identità
Tutto inizia con una corsa in mezzo ai fiori. Le risa riempiono l’aria. Due ragazzi, Léo e Rémy, corrono, si guardano, si cercano. Urlano la propria gioia in faccia alla vita. I loro amici o familiari, che in quel campo di fiori stanno lavorando, potrebbero fermarli per richiamarli al dovere, ma non lo fanno, perché sanno che il dovere di quei due ragazzi, il loro unico dovere, è quello di godere sino in fondo della loro amicizia.
Ma il mondo non è solo un campo di fiori e quella corsa a un certo punto è destinata a fermarsi. La realtà reclama stereotipate spiegazioni, come scotto. Come se chi è felice avesse l’obbligo di spiegarne agli altri il motivo. Come se ogni gioia si riconosce come tale solo se compresa o giustificata. Ma il mondo non giustifica quello che non comprende. E come possono due ragazzi di tredici anni spiegare ciò che loro stessi stanno ancora scoprendo? Sarebbe sufficiente guardare la loro felicità in tutta la sua bellezza, ma il mondo non guarda.
Basterebbe ascoltare la dolcezza delle loro parole, ma il mondo non ascolta. Ed ecco che allora inizia il dilemma più grande per ogni individuo, soprattutto se giovane: cedere alla quotidiana istigazione al conformismo, rinunciando a scoprire se stessi e gli altri, o difendere la propria l’individualità e i propri sentimenti verso chi è vicino, rischiando però di soccombere sotto il peso degli stereotipi attribuiti da esseri approssimativi?
Di questo dilemma racconta Close (“vicino”, appunto), il meraviglioso film di Lukas Dhont, al cinema dal 4 gennaio e distribuito dalla Lucky Red. L’opera presentata in anteprima al Festival di Cannes 2022, dove ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria, e candidato agli Oscar 2023 – come miglior film internazionale, premio che ha decisamente tutto il potenziale di vincere -, è una straordinaria riflessione sull’amicizia e sulla difficile lotta per la definizione della propria identità nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza.
Il tocco del regista belga, già autore del premiato Girl, dimostra una sensibilità profonda e rara, in grado di raccontare qualcosa che sarebbe altrimenti impossibile da rappresentare. Ci si affida ai gesti e agli sguardi dei protagonisti più che alle parole. Così facendo, emergono le emozioni dei personaggi, a volte delicate a volte travolgenti, e soprattutto la loro difficoltà di esprimere il non detto, ma sentito. Ad aiutarlo i due giovanissimi attori Edene Dambrine e Gustav De Waele, assolutamente perfetti nel rendere credibile e reale la reciproca intimità. L’interpretazione di Dambrine, in particolare, è a dir poco magnifica. Il suo volto e il suo sguardo sono in grado da soli di trasmettere immediatamente l’intensità della storia, la sua capacità espressiva è toccante, rendendo indimenticabile ogni sua scena. Significativa anche l’interpretazione di Émilie Dequenne, nel difficile ruolo della madre di Rémy.
La fotografia è pienamente funzionale alla storia, riuscendo a evidenziare, con il cambiamento dei colori (soprattutto dei fiori, elemento fondamentale del film), il mutamento emotivo dei protagonisti: tale riuscito espediente estetico diviene un vero e proprio elemento narrativo.
Tutto funziona con disarmante naturalezza in Close e questo al cinema accade solo quando si è davanti a un grande film, quando il Cinema (con la maiuscola, appunto) si dimostra per quello che dovrebbe sempre essere.
I film sull’amicizia sono molto rari e la spiegazione è che sono tremendamente difficili. Si tratta di un rapporto in cui le emozioni spesso non sono espresse a parole e che a volte non sono espresse affatto. Poche volte vi è stata la capacità di descrivere quella particolare intimità che si vive quando l’amicizia è profonda e vera. Quando poi ci si è trovati a descrivere al cinema l’affetto tra maschi, si è spesso fatto ricorso a stereotipi, raccontando di solidarietà virili o goliardiche. Ma nell’amicizia tra esseri umani, maschi o femmine che siano, vi sono note di dolcezza che suonano intensamente e che definiscono la complicità nel rapporto. Tale complicità non è facile da comprendere o spiegare e spesso viene involontariamente (o volontariamente) fraintesa, generando dubbi, paure, ossessioni o invidie.
Ma tutto questo non può riuscire a nascondere quello che l’amicizia è: nell’amicizia le emozioni possono correre regalandoci il miglior gusto della vita. A volte possono nascondersi, fingendosi molto piccole, lasciando dentro di noi un senso di vuoto. A volte le emozioni possono emergere in maniera dirompente e incontrollabile, travolgendo tutto ciò che abbiamo. Grazie all’amicizia possiamo gioire, sentendoci autenticamente felici, e per l’amicizia possiamo soffrire, arrivando a provare un dolore straziante, che lascia ferite dalle quali non si guarisce.
L’amicizia è uno dei doni più grandi che possiamo ricevere, perciò va sempre vissuta e raccontata, per quanto inspiegabile possa apparire: per difenderla e per lasciare che resti sempre parte di noi.
CLOSE
Regia: Lukas Dhont
Sceneggiatura: Lukas Dhont, Angelo Tijssens
con Eden Dambrine, Gustav De Waele, Èmilie Dequenne
Produzione: Menuet, Diaphana Films, Topkapi Films
Distribuito da: Lucky Red