A Different Man. L’angoscia dietro la maschera

In sala dal 20 marzo, il film di Aaron Schimberg affronta il tema dell’identità e dell’apparenza con un’estetica disturbante, molti registri e un coinvolgimento emotivo che, però, si spezza

Dopo la prima mondiale al Sundance Film Festival nel gennaio 2024 e il passaggio alla Berlinale, dove Sebastian Stan ha vinto l’Orso d’argento per la miglior interpretazione, A Different Man, diretto da Aaron Schimberg e prodotto da A24, arriva nelle sale italiane il 20 marzo 2025, dopo un lungo intervallo di tempo, distribuito da Lucky Red e Universal Pictures International Italy.

Il film racconta la storia di Edward (Sebastian Stan), un attore newyorkese affetto da neurofibromatosi, condizione che lo condanna a ruoli marginali e alla costante emarginazione sociale.
Stanco di essere definito dalla sua malattia, si sottopone a un intervento sperimentale che gli dona un volto “perfetto”. Ma la rinascita diventa presto una prigione: il nuovo aspetto gli garantisce successo e accettazione, ma non scaccia l’alienazione che lo tormenta.

A Different Man
“A Different Man”. Regia: Aaron Schimberg

Prima della terapia, Edward conosce Ingrid (Renate Reinsve), la nuova vicina di casa, bella e sfuggente, che mostra un interesse ambiguo nei suoi confronti: più curiosità che vera apertura.
Dopo l’intervento, Ingrid sembra attratta dal nuovo Edward, ma il suo interesse appare superficiale e condizionato dall’immagine che lui ora proietta.
L’illusione di essere finalmente accettato si infrange contro l’incapacità di Ingrid di riconoscere la frattura interiore che Edward continua a vivere.

Il punto di svolta arriva con Oswald (Adam Pearson, attore realmente affetto da neurofibromatosi), sicuro di sé e a suo agio nel proprio corpo.
Oswald è una sorta di doppio di Edward, il riflesso di ciò che avrebbe potuto essere se avesse accettato la propria identità. Ma Oswald è reale o solo una proiezione della mente del protagonista?
La realtà si confonde con l’allucinazione, evocando atmosfere alla Eraserhead di Lynch, lasciando lo spettatore sospeso tra sogno e incubo.

A Different Man
“A Different Man”. Regia: Aaron Schimberg

Schimberg esplora il tema dell’identità e dell’apparenza con un’estetica disturbante e provocatoria.
Le ambientazioni sono decadenti e claustrofobiche: liquidi scuri colano dai soffitti, le pareti trasudano umidità, e l’atmosfera richiama un circo degli orrori.
La scelta di girare in Super 16 mm, con la sua grana ruvida, amplifica il senso di disagio, mentre la colonna sonora di Umberto Smerilli – toni bassi e suoni improvvisi – accentua la tensione anche nei momenti di apparente calma.

Il body horror è centrale e ben orchestrato. Emblematica è la scena in cui Edward si “strappa” la faccia, richiamo diretto alla poetica di Cronenberg, dove il corpo diventa luogo di conflitto e metamorfosi. Schimberg traduce con forza visiva l’angoscia di chi cerca di ridefinire la propria identità attraverso l’aspetto fisico.
Inevitabile il paragone con The Elephant Man di David Lynch, ma qui la disillusione prende il posto della pietà: la bellezza non è una via di fuga, ma una prigione più seducente e più crudele.

A Different Man
“A Different Man”. Regia: Aaron Schimberg

Il problema principale del film è la perdita di coesione nella seconda parte.
La tensione accumulata si dissolve quando Edward viene coinvolto in una pièce teatrale off-Broadway che rievoca la sua storia, costringendolo a indossare una maschera con il suo vecchio volto.
A questo punto il film si complica inutilmente: Ingrid, già poco definita, si fa ancora più opaca e distante. Schimberg stratifica troppi registri – teatro dell’assurdo, horror psicologico, satira sociale e umorismo alla Woody Allen – creando un grottesco eccessivo che confonde e distanzia lo spettatore dal dramma di Edward.
L’eccesso di surrealismo e la continua ambiguità tra realtà e allucinazione finiscono per disorientare, spezzando quel coinvolgimento emotivo che il film era riuscito a costruire nella prima parte.

La domanda che il film lascia sospesa è se tutto quello che accade dopo l’operazione – dal successo improvviso fino alla nuova dinamica con Ingrid – sia reale o solo una proiezione della mente di Edward. Schimberg lascia volutamente irrisolta questa ambiguità, alimentando il dubbio che il nuovo Edward sia solo una costruzione mentale, una fantasia compensatoria destinata a sgretolarsi. 

A Different Man
“A Different Man”. Regia: Aaron Schimberg

Nonostante le ambizioni però, il film cade nella trappola che intende criticare: la deformità e la diversità finiscono per diventare uno strumento estetico più che uno spunto di riflessione.
Il tema dell’identità e dell’accettazione è affrontato con coraggio, ma il film non va mai realmente a fondo e anzi resta colpevolmente in superficie.

Sebastian Stan, premiato a Berlino, restituisce con sensibilità la frattura interna di Edward, soprattutto nella prima parte, riuscendo a bilanciare stupore, terrore e vulnerabilità.
Renate Reinsve è convincente nel rendere l’ambiguità di Ingrid, mentre Adam Pearson dona autenticità e profondità a Oswald.
Tuttavia, con il procedere del film, tutte le interpretazioni scivolano verso l’eccesso, perdendo sfumature e risultando talvolta forzate, fino a generare un effetto straniante che compromette quanto di buono costruito inizialmente.

“A Different Man”. Regia: Aaron Schimberg

Il potenziale c’era, e per un po’ il film sembra riuscire a esprimerlo, grazie a momenti visivamente potenti e scelte inusuali. Poi tutto si sfalda: nel tentativo di assumere troppe identità, il film perde la propria.
Forse è una scelta intenzionale, una metafora del conflitto interiore di Edward, ma l’effetto è quello di un’opera che si frantuma sotto il peso delle sue stesse ambizioni.
La narrazione si disperde tra registri diversi – horror psicologico, satira sociale, teatro dell’assurdo – senza mai trovare un equilibrio. Il risultato è che il coinvolgimento emotivo iniziale svanisce, lasciando lo spettatore a osservare da lontano un dramma che avrebbe dovuto sentirsi sulla faccia.
Alla fine, più che una riflessione sull’identità, resta la sensazione di un’opportunità mancata.

A DIFFERENT MAN
scritto e diretto da Aaron Schimberg

con Sebastian Stan, Renate Reinsve, Adam Paerson

Produzione: A24, Killer Films, Grand Motel FIlms
Distribuito da: Lucky Red, Universal Pictures

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