Giovinezza obbligatoria. Se l’età è un crimine

La drammaturgia di Andrea Lupo su un futuro distopico dove invecchiare è un grave reato. In scena con Tiziana Irti, per direzione di Simone Schinocca: tra ironia e dramma, consumismo e convenzioni sociali

«Ci sono adolescenze che si innescano a novanta anni», scriveva Alda Merini. Chissà come prenderebbero una simile verità nel mondo distopico concepito da Andrea Lupo, autore di Giovinezza obbligatoria, andato in scena al Teatro Bellarte di Torino per la regia di Simone Schinocca. Lupo, che condivide il palco con Tiziana Irti, pensa, in questo testo, a un futuro oppresso dall’ossessione della giovinezza, o, meglio, dello scongiuro della vecchiaia. Un mondo ipercapitalista, conformato sulla produzione-e-consumo senza sosta. Si lavora – in modo monotono, routinario oltre il limite della tolleranza: tutto gestito in modo virtuale e digitale – e si consuma. L’uno implica l’altro in un circuito vizioso, inarrestabile, disumanizzante, letale.

“Giovinezza obbligatoria”. Regia Simone Schinocca. Foto Emanuele Basile

In questo rimpallo meccanico, il tempo è scandito da ore di impiego professionale e ore di non-lavoro (più che di riposo in senso stretto), che ognuno spende prevedibilmente nel proprio appartamento, con il proprio coniuge – le convenzioni sociali sono al massimo della sacralità, anzi, peggio: sono insindacabili -, in una sorta di “libertà vigilata”, con occhi e orecchie, sirene e allarmi pronti a captare ogni minimo tentativo di ribellione o rivolta o, più semplicemente, dissenso. Tutto ciò che non rispetta le ferree imposizioni burocratico-dittatoriali (un po’ stile Corea del Nord) è subito registrato e segnalato agli “agenti anti-età”. 

Ma c’è qualcosa che non si sottomette all’arbitrio umano e tanto meno alle imposizioni illusionistiche delle scoperte pseudo-scientifiche: l’avanzare dell’età. La fisiologia, lo scorrere del tempo e la vita se ne fregano dei divieti. Il corpo invecchia e invecchierà comunque. 
Lo sa bene Luca (Andrea Lupo), carismatico dirigente che di colpo si ritrova ottantenne (e quindi socialmente etichettato come “inutile”) che cerca, con la moglie Franca (Tiziana Irti) – rispettosa osservatrice delle regole dieta-esercizio-dieta nel nome del dio giovinezza -, una soluzione per nascondere l’apparenza, in una vera e propria fuga d’inquietudine dalla fatalità.
Ma che succede alle persone anziane considerate pesi sociali che consumano e basta? Nella drammaturgia di Lupo, lo Stato, con le sue istituzioni e funzionari tanto assenti quanto opprimenti, rimette al singolo la scelta proponendo una edulcorata forma di ricatto: auto-annullarsi (termine posticcio e politically correct che sta per suicidarsi, con notevoli benefici per i famigliari), o accettare la detenzione presso una misteriosa e mai vista “Città dei vecchi” (con notevoli costi e svantaggi per i famigliari), aspettando la fine.

“Giovinezza obbligatoria”. Regia Simone Schinocca. Foto Emanuele Basile

Ad Andrea Lupo si deve la capacità di trasmettere, attraverso la sola relazione, il solo dialogo di una coppia di mezz’età – quel che importa non sono gli anni effettivi, ma quelli dimostrati -, l’immagine di un futuro ottuso, soffocato dallo stillicidio dell’abitudine dalla stupidità dell’obbedienza, dove il finto benessere garantito dalla normalità, ovvero in assenza di punizione, viene sgretolato dal terrore dell’inevitabile che accade, con tutte le sue conseguenze. A Lupo si deve anche la (de)formazione mentale che spinge Franca (con relativa presa di coscienza a metà tra il panico contenuto e la rassegnazione concitata) a ipotizzare diffusioni pandemiche del “virus della vecchiaia”: dando il là allo spettatore per richiamare odierni avvenimenti della realtà epidemica, compreso il proliferare di disparati impulsi complottisti.

A Simone Schinocca, invece, si deve la concretizzazione di uno spazio claustrofobico per quanto minimal nella presenza di lastre trasparenti un po’ specchi, un po’ separé e un po’ schermi interattivi, che riversa sullo spettatore un senso di controllo estremo, di mancanza di alternativa, di indipendenza asfissiata, di personalità annientate. E dal bel lavoro d’interpretazione con Andrea Lupo e Tiziana Irti, in un ritmo frenetico che associa ironia di azioni e dramma di significati, ne deriva un quadro umano stritolato nel tedioso, nella psicosi del diverso, dell’opzione, della varietà. Tutto per il cieco tentativo di trattenere il tempo, di spaccare in due quel che resta del valore della vita umana. Ci consoli, allora, la speranza che questo futuro, ammesso che non sia evitabile, per lo meno resti quanto più remoto; che per ora di anti-età esistono solo le creme e che le adolescenze che s’innescano a novant’anni sono, per fortuna, ancora una colorata realtà.

GIOVINEZZA OBBLIGATORIA

di Andrea Lupo

Regia di Simone Schinocca

con Andrea Lupo, Tiziana Irti
Scene e costumi di Giancarlo Gentilucci
Disegno luci di Daniela Vespa

Coproduzione di Tedacà, Teatro delle Temperie, Arti e Spettacolo

Teatro Bellarte
via Bellardi 116, Torino