Tutto si crea. Tutto si distrugge. Noetic e Icon di Sidi Larbi Cherkaoui inaugurano il Torinodanza Festival

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Un legame produttivo triennale segnerà la collaborazione del coreografo Sidi Larbi Cherkaoui, uno tra i più ispirati, sensibili e visionari rappresentanti della danza contemporanea, con il Torinodanza Festival, di cui è artista associato. E sono stati due lavori dell’artista belga d’origini marocchine a inaugurare, in prima nazionale al Teatro Regio di Torino il 10 settembre, questa edizione 2018 che mira a intercettare, nella coreografia internazionale, i diversi approcci alla ricerca di espressività inedita su temi universali e attuali.

Noetic e Icon, per produzione del GöteborgsOperans Danskompani, e impegno ammirevole del corpo di ballo del Göteborg Opera e della compagnia Eastman, diretta dallo stesso Cherkaoui, rinnovano il piacere di immergersi tra linee e movimenti che il coreografo belga disegna con una sorprendente e raffinata attenzione nell’amalgamare i singoli corpi in un ensemble vitale che agisce e si adatta allo spazio e al tempo che lo circonda. La danza si fa linguaggio visivo e resistente di una delicatezza sempre modellabile, sempre in divenire. È una sensazione riconoscibile sin dai primi minuti di Noetic, dove l’eleganza (complici anche i costumi di Les Hommes e le nostalgiche musiche originali di Szymon Brzóska) è il filo rosso sinuoso che unisce e separa – anzi, “sdoppia” – i diciannove danzatori fra tre pareti di stoffa bianca concepite da Antony Gormley. Diciannove individualità poste nell’anonimato dell’abito scuro (tra giacca e cravatta e tacchi a spillo) scoprono se stesse e, inesorabilmente, ciò che le circonda, in un flusso frenetico di conoscenza carnale, mentale e spirituale, in un incantevole gioco costante di incontri, sfioramenti, di innesti collettivi meticolosi e puntuali. E questo include anche l’utilizzo di lunghe e flessibili aste di carbonio che ora sezionano il suolo, lo percorrono come un sistema vascolare rigido, tracciandone angoli, spigoli e incroci, ora diventano confini di solidi geometrici costruiti, attraversati, innalzati, smembrati.

“Noetic” foto Bengt Wanselius

Ad accompagnare lo sforzo corporeo dei danzatori – che sembrano votati a voler svincolare, con leggerezza, i propri arti e articolazioni dalle leggi della fisica -, ci sono gli strumenti tradizionali giapponesi suonati dal vivo da Kazunari Abe, il canto etereo di Miriam Andersén e le voci degli stessi interpreti che intervengono, con incursioni singole o in coro sincronizzato con i movimenti – come succedeva in Zero Degrees, spettacolo del 2005 di Cherkaoui e Akram Khan -, per declamare letture della realtà attraverso teorie matematiche, fisiche, metafisiche, filosofiche.

A tratti meno coinvolgente (e complessivamente più ridondante) è invece Icon, opposto al precedente lavoro per pesantezza di materia, sensazione cromatica e impulso musicale, che propone un luogo ancestrale definito dalla creta disseminata in forme diverse sul palcoscenico. La creta, la terra, tanto pensati quanto malleabili, sono il metro di misura, il mezzo d’incontro, di relazione dei corpi danzanti – questa volta in ampi e leggeri abiti pastello di Jan-Jan Van Essche – con lo spazio e con il tempo: un tempo passato e futuro che fa capo alla tradizione, al rito, al mistico, all’istinto. E quello umano è un istinto arcaico che spinge spasmodicamente i muscoli a creare e abbattere oggetti, idoli e icone per  adorarli e bandirli, per plasmare, dunque, a seconda delle proprie necessità (più o meno futili), l’ambiente circostante. 

“Icon” foto Mats Bäcker

Così la vita umana scorre dando vita a immagini, a significati, a totem tanto pesanti quanto precari, e così, con moti e impeti dall’indole tribale (come le musiche, sempre dal vivo, di cinque musicisti che arrangiano sonorità siciliane, coreane, giapponesi, e persino Cheap Thrills di Sia), i diciotto danzatori si muovono per combattersi, per difendersi da se stessi, dall’altro, dagli altrui simulacri, dai propri miti; ognuno per rispondere a un processo eterno di azione e reazione alla realtà, mentre l’argilla macchia un palcoscenico presto metaforico campo di battaglia. Con quella terra, la creta, elemento primario dalla quale proveniamo e inesorabilmente torniamo, si “fabbricano” maschere ed elmi, telefoni e bottiglie, utensili irrinunciabili o superflui, ma comunque, fatalmente effimeri, c

ome le numerose lastre con le quali coprire corpi interrotti e ormai inermi che paiono appartenere a una Pompei senza tempo.

C’è infine un pensiero che si forma e permane nella connessione di questi due spettacoli  apparentemente diversi se non propriamente distanti: la terra, così come il movimento e la delicatezza sono bisogni innati dell’essere umano. Proprio come lo è la necessità di relazionarsi con la realtà e con chi la abita. Una salvezza o una condanna che, inevitabilmente, con forme e modi diversi, infiniti, ci riporta al contatto, all’incontro, alla lotta, all’affetto. È scientificamente e artisticamente provato.

 

 

NOETIC

coreografia Sidi Larbi Cherkaoui interpreti 19 danzatori

musiche originali Szymon Brzóska scene Antony Gormley

costumi Les Hommes

drammaturgia Adolphe Binder

luci David Stokholm

coreografi assistenti James O’Hara, Elias Lazaridis, Helder Seabra

musica dal vivo con strumenti tradizionali giapponesi: flauto, viola e percussioni Kazunari Abe canto Miriam Andersén

direzione artistica GöteborgsOperans Danskompani Katrín Hall

produzione: GöteborgsOperans Danskompani

Prima rappresentazione: 8 Marzo 2014 – The Göteborg Opera, Svezia

ICON

coreografia Sidi Larbi Cherkaoui

interpreti 18 danzatori (13 da GöteborgsOperans Danskompani, 5 da Eastman)

scene Antony Gormley

costumi Jan-Jan Van Essche

luci David Stokholm

suono Joachim Bohäll

drammaturgia Antonio Cuenca Ruiz

assistente alla coreografia Jason Kittelberger

maestri per l’argilla Matilda Haggärde, Joel Stuart-Beck

musiche dal vivo: canto e strumenti tradizionali a corde giapponesi (sanshin) Anna Sato, canto e arpa Patrizia Bovi, chitarra, percussioni e pianoforte Gabriele Miracle, strumenti tradizionali giapponesi flauto (shinobue) e percussioni (taiko) Kazunari Abe, strumenti tradizionali coreani a corda (geomungo e yanggeum e tatégoto) Woojae Park

direzione artistica GöteborgsOperans Danskompani Katrín Hall

coproduzione: GöteborgsOperans Danskompani/Eastman

Prima rappresentazione: 21 Ottobre 2016 – The Göteborg Opera, Svezia