Sotto lo sguardo delle mosche. Cosa può la perversione dell’occhio

Il testo di Michel Marc Bouchard e la regia di Simone Schinocca per una tensione emotiva che ricorda Kubrick e Buñuel. Fino al 3 novembre al Teatro Gobetti di Torino

Sembra di sentirsi trattenuti nei confini di un cechoviano ambiente domestico, dove un tempo e uno spazio sono privati di collocazione, dove esiste un dentro familiare caldo e decisamente sospetto, e un fuori gelido, indefinito eppure salvifico. È una sensazione che compare nei primi momenti di Sotto lo sguardo delle mosche, scritto dal drammaturgo e sceneggiatore canadese Michel Marc Bouchard, tradotto da Valentina Aicardi e messo in scena al Teatro Gobetti di Torino (replicherà fino al 3 novembre), in prima nazionale, da Simone Schinocca, per produzione di Tedacà e Teatro Libero di Palermo.

“Sotto lo sguardo delle mosche”. Foto Emanuele Basile

E l’ambiente domestico è quello di una pacata e decadente famiglia borghese di campagna, composta da una premurosa e allucinata madre (Antonella Delli Gatti), un esuberante nipote (Andrea Fazzari) – con tendenze sociopatiche – e l’apprensivo figlio Vincent (Elio D’Alessandro). Insieme gestiscono un allevamento di quattordicimila maiali. Anzi, a occuparsi dell’attività sono rimasti zia e nipote, perché Vincent, dopo aver conosciuto l’estroversa, un po’ scomposta e logorroica Docile (Valentina Aicardi) – e con lei pare essere uscito da una pellicola di Almodovar -, torna per annunciare l’imminente matrimonio e il successivo trasferimento.

Il salotto, cornice di uno sfarzo ormai sopito, perduto – le scene sono di Sara Brigatti – contiene un ambiguo e turbato gruppo di famiglia che svela a poco a poco gentili intenzioni e, insieme, macabre azioni, eleganti parlantine e sadiche volontà, sinceri presupposti e loschi trascorsi. E questo si deve alla scrittura di Bouchard. Ma in quel salotto (poi sala da pranzo) più si definiscono i contorni di indicibili misteri che macchiano il passato di ognuno di loro, più si fa largo un senso di angoscia, di claustrofobia che ricorda quel limite invisibile e invalicabile dell’Angelo sterminatore di Buñuel. E questo si deve alla regia di Schinocca, che sa bene come caricare la tensione e distribuirla nell’ora e quaranta di spettacolo. 
Ma non è solo questo. Non c’è solo l’inquietante atmosfera dai tratti kubrickiani, non c’è solo la sensibile impronta noir del testo. C’è un ensemble umano – e questo lo si deve anche agli interpreti – che ben connette toni ironici a fatti crudeli, ambiguità relazionali, forme di tossicodipendenze dello sguardo verso il proibito, il dolore, la morte.

“Sotto lo sguardo delle mosche”. Foto Emanuele Basile

Ecco il posto dei maiali; ecco dove si trova il vero porcile: un luogo nel quale ci si divora a vicenda, dove lo sporco degli istinti si confonde, e dove l’estraneo – prima Docile, poi il veterinario (Fabio Marchisio) con la moglie (Francesca Cassottana) – vengono ingoiati, addomesticati, portati a osservare da vicino l’osceno. Perché diventare spettatori distaccati dell’orribile annichilisce l’empatia; il guardare reiterato la sofferenza e la morte altrui diminuisce il coinvolgimento emotivo: effetto morfina. E così il male diventa più “banale”. Dunque serve che dolore e morte si facciano rito e diventino una messinscena alla quale tutti – anche noi in platea – siamo invitati. Una rappresentazione plastica e perversa della “Pietà” che sconvolge ed eccita, commuove e turba, e che i personaggi stessi rigettano e ricercano, in un vortice coinvolgente di sottomissione fatale. 

Sotto lo sguardo delle mosche

di Michel Marc Bouchard
traduzione Valentina Aicardi

regia Simone Schinocca

con Valentina Aicardi, Francesca Cassottana, Elio D’Alessandro, Antonella Delli Gatti, Andrea Fazzari, Fabio Marchisio

scenografia Sara Brigatti
costumi Agostino Porchietto
composizioni originali Elio D’Alessandro
assistenza alla regia Claudia Cotza, Roberta Lanave
cura movimento Valentina Renna
audio e luci Giuseppe Venuti

Tedacà in collaborazione con Teatro Libero di Palermo
si ringrazia FTT – Fertili Terreni Teatro