La signorina Else. Il prezzo femminile del sacrificio

Lucrezia Guidone, al Piccolo Studio Melato di Milano, fino al 20 gennaio, interpreta il dramma interiore della novella di Arthur Schnitzler, nell’adattamento di Federico Tiezzi

Quel che resta impresso – diciamolo subito e senza indugi – in questa versione de La signorina Else, diretta da Federico Tiezzi, che condivide l’adattamento drammaturgico con Sandro Lombardi (a cui si deve anche la traduzione) e Fabrizio Sinisi, è l’interpretazione di Lucrezia Guidone, accompagnata da Martino D’Amico.
Chi ancora non ha visto questa messinscena del dramma datato 1924 dell’austriaco Arthur Schnitzler, può recuperare al Piccolo Studio Melato di Milano fino a domenica 20 gennaio. Assisterà alla progressiva inquietudine psicologica e fisica di una giovane e consapevolmente attraente donna viennese di buona famiglia, momentaneamente in vacanza a San Martino di Castrozza e cinicamente invitata dalla madre a intercedere presso un vecchio conoscente (ospite dello stesso albergo) perché conceda una cospicua somma di denaro utile a saldare i debiti del padre ludopatico, evitandogli così anche la galera.

Il testo di Schnitzler si struttura intorno al flusso di pensieri che Else esprime attraverso un monologo interiore in alternanza al dialogo (incontro/scontro) con il ricco amico del padre von Dorsday – cui Martino D’Amico restituisce un fare (apparentemente) pacato, contenuto nei modi, ricercato nelle espressioni -, il quale accetta di pagare la somma ma alla condizione che la ragazza si mostri a lui nuda per quindici minuti.

“La signorina Else”. Foto Luca Manfrini

La bella trasposizione drammaturgica di Lombardi/Sinisi/Tiezzi affida al corpo e alla mente recitativa di Lucrezia Guidone il compito di accusare, sopportare e restituire da un lato la proposta indecente, implicitamente egoista e priva di scrupoli dell’uomo che, sotto gli abiti elegantemente borghesi, nasconde una frustrazione virile, un’incapacità relazionale cronica con le donne. Dall’altro, la richiesta scritta ancora più meschina della madre e, silente e indiretta – pure peggio – del padre, di concedersi a qualsiasi costo in cambio di soldi nell’esclusivo nome della loro reputazione e della loro nomea sociale. Compito ben svolto dall’attrice abruzzese che, senza esagerazioni o eccessive caricature sentimentali, alterna l’angoscia privata di cuore e pensiero alla parola ben riposta, al tono coraggiosamente diplomatico. Così costringe il suo essere donna al ribrezzo e al rifiuto cosciente nella propria mente, e al fatale sacrificio – con scandalo annesso – del proprio corpo, concesso agli occhi di una società ipocrita e materialista (quella viennese dell’epoca che Schnitzler denuncia e critica aspramente).

È quel che emerge con determinazione in uno spazio raccolto (nelle scene di Gregorio Zurla) intorno a un tavolo settorio, circondato da qualche sedia e completato da una zona erbosa con casetta delle bambole e pianoforte in miniatura – a siglare una più felice infanzia che fu -, dietro il quale un’orchestra di tre elementi suona dal vivo. È quel che permette di accogliere una regia, quella di Tiezzi, un po’ ridondante e statica, che tratta quel tavolo come un centro di gravità permanente sul quale far stendere – presagio di fine funesta – sognare (o delirare) e poi rialzare Else, e far ruotare i due personaggi in una rincorsa calma di intenzioni losche e ricatti, di pretese ingrate e decisioni malsane, di erotismo accennato, soffocato, e di una determinazione femminile ora incerta, ora radicata.
La signorina Else è quel che si scuote dentro il personaggio, in ferma contrapposizione con quel che esterna. È la percezione e l’accettazione di uno sconvolgimento, di un agitarsi emotivo che corrode ma che non può manifestarsi, dichiararsi apertamente. Solo allo spettatore è consentito conoscerne l’animo. E, in questo caso, si vede chiaramente.

 

La signorina Else
di Arthur Schnitzler

traduzione Sandro Lombardi
drammaturgia Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzi

regia Federico Tiezzi

con Lucrezia Guidone e Martino D’Amico

pianoforte e violoncello Dagmar Bathmann, percussioni Omar Cecchi, clarinetti Lorenzo Laurino
voci Gianna Deidda, Francesca Della Monica, Sandro Lombardi, Giusi Merli, Giovanni Scandella

scene Gregorio Zurla
costumi Giovanna Buzzi
luci Gianni Pollini
movimenti coreografici Giorgio Rossi
regista assistente Giovanni Scandella

produzione Compagnia Lombardi – Tiezzi e Associazione Teatrale Pistoiese Centro di Produzione Teatrale
con il sostegno di Regione Toscana e Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo

Piccolo Teatro Studio Melato
Via Rivoli, 6 – Milano

orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16; lunedì riposo.
durata: 80 minuti senza intervallo

Informazioni e prenotazioni 0242411889 – www.piccoloteatro.org