La settimana digital del Teatro di Roma. Lino Guanciale e Monica Demuru

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Sui canali social del teatro capitolino, appuntamenti quotidiani con contenuti inediti degli artisti per mantenere vivo e vitale il legame e la vicinanza con lo spettatore. Oggi, Lino Guanciale omaggia Flaiano e Monica Demuru rilegge il Decameron

Il Teatro di Roma sposta gli appuntamenti, come molti altri spazi teatrali nazionali, sui canali social (Facebook, Instagram e YuoTube). La settimana digital prevede  dunque appuntamenti giornalieri per contenuti inediti elaborati dagli artisti al fine di mantenere vivo e saldo il contatto e la vicinanza con gli spettatori, necessari quanto mai in questo periodo di distacco forzato. 
L’hashtag da seguire è #TdRonline, collegato a #iorestoacasa e #laculturaincasa, che per oggi, giovedì 26 marzo, propone un doppio appuntamento online. 

Comincia Lino Guanciale (alle 12) con un work in progress su Ennio Flaiano dal titolo Non svegliare lo spettatore, per restituirne la causticità del celebre autore e sceneggiatore nel cogliere il buono e il vizioso del nostro carattere nazionale: «Un breve viaggio in parole, scritte e ascoltate, che riverberano di senso etico, sociale, storico e come stimolo per riflettere su quanto ci circonda».

Segue, alle 16, Monica Demuru con una memoria della Firenze del 1348 martoriata dalla peste, ripercorrendo la metafora – attualissima – dell’emergenza contenuta ne La Cornice del Decameron di Giovanni Boccaccio, con dieci giovani narratori giornalieri di una novella, alla quale si associa la necessità di sublimare e conoscere le passioni: «Non per svolgere un tema, non per sola assonanza o analogia ma per calzante rispondenza, desidero di leggere La Cornice del Decameron di Boccaccio – racconta Monica Demuru. Il motivo scatenante di quelle pagine non stava in una guerra o in un cataclisma ma nella peste, un avvenimento che sconvolse in quegli anni la vita quotidiana, le abitudini e i ritmi di tutti gli uomini, la compagine attiva e produttiva della struttura portante della società. Credo – continua l’artista – che a queste pagine possiamo ritornare nello scoprire che la nostra società che nel suo massimo sviluppo storico respinge la cultura come inutile, la invoca per arginare ora l’angoscia profonda nell’isolamento, nella paura e nella mancanza di senso».

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