Ink. L’incontro è il mito contemporaneo

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Dimitris Papaioannou in prima assoluta al Torinodanza Festival concepisce un lavoro sulla vita umana, ispirandosi al mito antico, all’acqua come fonte esistenziale, e allo scontro generazionale

La dimensione fantastica e dark, surrealista e magnetica; l’acqua come materia prima, ancestrale, fondamentale, come fonte imprescindibile della vita; la presenza di due corpi maschili, due generazioni, un padre e un figlio e, tra loro, un rapporto di incontro-scontro, di conciliazione e dissidio, di sottomissione e desiderio. E poi, il movimento, la musica, le linee, i rumori che si fanno melodie nelle connessioni con nuovi, diversi significati. Ecco alcuni degli elementi sensoriali, visivi, concettuali di Ink, ultima creazione di Dimitris Papaioannou, presentata in prima assoluta il 22 e 23 settembre al Teatro Carignano per il Torinodanza Festival, al quale seguiranno le repliche del 26 e 27 settembre al Valli di Reggio Emilia.

“Ink”. Regia Dimitris Papaioannou. Foto Julian Mommert

Maturato durante il recente periodo di lockdown, il nuovo lavoro del coreografo greco, uno dei più apprezzati della danza contemporanea internazionale (già artefice delle cerimonie di apertura e chiusura dei giochi Olimpici di Atene del 2004, e già protagonista al Torinodanza due anni fa con The Great Tamer), è un’istallazione della vita, con un’estetica del corpo in movimento definita dalla relazione con l’acqua – elemento essenziale dell’esistenza – e con lo spazio (delimitato), e dall’incontro con l’altro, con se stesso, con gli archetipi, con il mito.

“Ink”. Regia Dimitris Papaioannou. Foto Julian Mommert

Accanto a Papaioannou si apprezza il giovane performer Šuka Horn che nasce letteralmente dal suolo, partorito dalla terra innaffiata artificialmente e senza sosta per mezzo di getti d’acqua scaricati da un irrigatore sui nylon perimetrali della scena vuota (solo uno sgabello, qualche corda e un giradischi).
In questo mondo scuro – tagliato da squarci di luci e riflessi – l’eleganza dell’uomo adulto e composto, ponderato interpretato da Papaioannou si scontra con la “neonata”, energica e animalesca nudità e prestanza di Horn. Ne deriva una lotta tra un moderno Urano e un figlio, un tentativo di predominio e di unione, di ricerca, di rincorsa e di desiderio reciproci, contrastati dalla presenza di una lastra di plexiglass che ne impedisce il contatto, adattandosi ai loro spostamenti, e che viene persino sfruttata come “prigione”, come barriera, come muro mobile dietro il quale ricacciare l’altra presenza.

“Ink”. Regia Dimitris Papaioannou. Foto Julian Mommert

È un mondo sul cui terreno zuppo – che tuttavia si fatica a vedere dalla platea, nonostante l’opera sia concepita come site specific interno ai due teatri che la ospitano – si intrecciano paternità ed eredità in una dialettica imprescindibile: una relazione ostile che diventa tolleranza, convivenza e persino gioco e scoperta (intorno alle potenzialità fisiche dell’acqua). Diventa istinto genitoriale (di un padre che prova ad allattare un neonato) e velato scherno filiale (di un disinvolto rampollo seminascosto in un simbolico campo di grano).

“Ink”. Regia Dimitris Papaioannou. Foto Julian Mommert

La metamorfosi dell’incontro, della condivisione, della successione è inevitabilmente contrasto, discordia, ricongiungimento. Un archetipo che si fa mito classico e testimone contemporaneo dell’umanità, e che si coniuga nel suo costante divenire, con il linguaggio musicale di Vivaldi (e non solo), con i richiami pittorici e statuari, le immagini del cinema horror, la poesia di Arsenij Tarkovskij. E dello scrittore sovietico si pensi ai “Primi incontri”, dove «Nel cristallo pulsavano i fiumi / fumigavano i monti, rilucevano i mari / mentre assopita sul trono / tenevi in mano la sfera di cristallo / e ” Dio mio! ” tu eri mia». Quella sfera di cristallo Papaioannou la riempie d’acqua e luce, la svuota, la raddoppia in una seconda palla specchiata, mentre si fa oggetto del contendere in un luogo nel quale si materializza un istinto artistico in una forma mentale, cerebrale, ancora prima che emotiva. E la danza si mischia al movimento di un corpo atletico, stressato, oppresso e liberato: gli consente, con sorpresa di chi osserva, di tendersi nella resistenza più che nella melodia, nello sforzo più che nella delicatezza, nell’urto più che nella sinuosità.

INK

creazione Dimitris Papaioannou
con Šuka Horn + Dimitris Papaioannou

scene + costumi Dimitris Papaioannou
luci Stephanos Droussiotis + Dimitris Papaioannou
sound design David Blouin
musiche Antonio Vivaldi, Donald Novis, Isham Jones, Sofia Vempo, Leo Rapitis
produttore creativo – esecutivo + regista assistente Tina Papanikolaou
assistente alla regia Stephanos Droussiotis
responsabile tecnico Manolis Vitsaxakis
tour manager – relazioni internazionali – foto – video Julian Mommert
effetti speciali Nectarios Dionysatos
assistente alle prove Michalis Theophanous, Kalliopi Simou, Drossos Skotis
assistente alla produzione esecutiva Kali Kavvatha
assistente alla produzione Tzela Christopoulou
supporto tecnico Evgenios Anastopoulos, Miltos Athanasiou, Marios Karaolis, Kostas Kakkoulidis
pareti di nylon Natalia Fragkathoula, Marilena Kalaitzantonaki, Konstantinos Kotsis, Timothy Laskaratos
scultura del bambino Joanna Bobrzynska-Gomes

una produzione 2WORKS
commissionato e coprodotto da Torinodanza Festival / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale + Fondazione I Teatri / Festival Aperto – Reggio Emilia
Dimitris Papaioannou è sostenuto da MEGARON – THE ATHENS CONCERT HALL
si ringrazia Euripides Laskaridis, Aggelos Mentis, Stylianos Thomadakis

INK (2020) a new project by DIMITRIS PAPAIOANNOU from Dimitris Papaioannou on Vimeo.