In sella alla bici, il teatro sostenibile

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Mi abbatto e sono felice, il monologo a impatto ambientale zero di Mulino ad Arte torna a Torino dopo tre anni di tournée, con una memoria personale per una coscienza collettiva

«Un giro in bicicletta è una fuga dalla tristezza», scriveva l’accademico americano James E. Starrs. Ed è vero, molto vero. Pedalare fa bene un po’ a tutti: sia chi è seduto sul sellino bruciando calorie, sia all’ambiente. Soprattutto all’ambiente. È questa la spinta ecologica sulla quale la compagnia piemontese Mulino ad Arte ha creato Mi abbatto e sono felice, il monologo di e con Daniele Ronco, per regia di Marco Cavicchioli, che, dopo tre anni di tournée nazionale, è tornato a Torino lo scorso venerdì 29 novembre al Polo ‘900

“Mi abbatto e sono felice”

E la bicicletta non è solo un oggetto di scena, né un mero perno drammaturgico intorno al quale tessere la narrazione. La bicicletta è soprattutto fonte energetica dello spettacolo che produce l’illuminazione necessaria fintanto che l’attore pedala, che, tradotto, significa impatto ambientale zero per un’ora di performance. Soluzione che ha portato anche alla nascita del format “Teatro a pedali”, con la partecipazione diretta degli spettatori che pedalando generano energia all’impianto sonoro e luminoso del palcoscenico.

Dunque, la bicicletta. Così comincia l’incontro con la storia personale di Daniele Ronco, con la relazione affettuosa che lo ha legato al nonno Michele modello di una vita fatta di pochi sfizi tecnologici, poche comodità modaiole, eppure ben satura di serenità e persino felicità. La vita di campagna, gli spostamenti in bici (o, al massimo, in trattore), la cura faticosa dei terreni, e la ricompensa di un’esistenza salutare, di una quotidianità magari poco trendy, ma certamente meno dannosa. Le immagini, i ricordi e gli aneddoti di una memoria privata diventano risonanza di uno stare al mondo collettivo di ieri e di oggi: esempi comuni di un cambiamento sociale che prosegue in direzione ostinata verso il comfort materiale, la novità, il rimpiazzo: l’upgrade – potremmo dire – di uno status symbol fatto di contraddizioni, di bisogni fittizi, di indolenze dannose.

“Mi abbatto e sono felice”. Foto Claudio Bonifazio

Così, in questo monologo di resistenza fisica costante, s’intercettano urgenti tematiche ecologiche (con ispirazione al “La decrescita felice” di Maurizio Pallante) misurabili nel serio e divertente rapporto tra reazione emotiva e di condotta e PIL, consumo e benessere, abitudini alimentari e pigrizie comportamentali, sullo sfondo tematico del falso mito del superfluo irrinunciabile, della convenienza a breve termine, a prescindere dalle ricadute dalle conseguenze su noi stessi, sugli altri, sul mondo. 

“Mi abbatto e sono felice”. Foto Claudio Bonifazio

Questo “dialogo” familiare tra un nonno e un nipote è un manifesto sul guardare al passato per salvare il futuro, sul rivalutare il “fare alla vecchia maniera” per considerare le alternative, sul recupero delle cose, delle relazioni date per scontate o sdegnate. Magari si potrebbe provare a (ri)cercare la felicità togliendo lo schermo digitale e tornando a parlarsi in faccia, o camminando in un sentiero di campagna guardano ciò che ci sta intorno e non il telefono. Magari si potrebbe provare a rinunciare all’ultimo dispositivo hi-tech per scoprire – chissà – che, in effetti,possiamo farne a meno, scoprire che il vegetarianismo non è letale, scoprire che il bisogno cronico dell’agio è una scelta. Magari si potrebbe provare a pensare che davvero la felicità è a portata di bicicletta. Si potrebbe provare. Nella peggiore delle ipotesi ci ritroveremmo disintossicati.

Mi abbatto e sono felice

di e con Daniele Ronco
liberamente ispirato a “La decrescita felice” di Maurizio Pallante

regia Marco Cavicchioli

elementi scenici Piero Ronco, Lorenzo Rota, Federico Merula

ufficio stampa, tournée Federica Leone