Accabadora. Metamorfosi solenne di una sacerdotessa

Fino al 10 novembre, al Teatro Astra di Torino, lo spettacolo tratto dall’omonimo romanzo di Michela Murgia, con la regia visionaria di Veronica Cruciani e una lodevole Anna Della Rosa

Una chiara esortazione per cominciare: andate a vedere questo lavoro tutto al femminile che si intitola Accabadora, attualmente in scena al Teatro Astra di Torino fino al 10 novembre. È un invito e un suggerimento caloroso per la conoscenza di un’interazione artistica e creativa tra Michela Murgia, autrice del romanzo da cui è tratto lo spettacolo, Carlotta Corradi, artefice dell’adattamento drammaturgico, Veronica Cruciani, responsabile di una regia visionaria, e Anna Della Rosa, interprete incantevole.

“Accabadora”. Foto Marina Alessi

Perché, se dovessimo descrivere in poche, pochissime parole la sensazione che lascia Accabadora, diremmo che a fatica si staccano gli occhi dalla scena. Diremmo che a colpire è un insieme di elementi visivi, sonori, emotivi che costruiscono la storia di una giovane donna in dialogo diretto con una zia che ne è stata madre adottiva, e che ora è allettata e mancante. Un’anziana sarta che lei, Maria (Anna Della Rosa), raggiunge al suo capezzale facendo ritorno in un natale paesino immaginario sardo che aveva lasciato, tempo fa, per trasferirsi a Torino (“in Italia”, nel continente). Se n’era andata Maria, sconvolta dalla scoperta della vera identità di quella zia dalla lunga gonna nera, di quella “sa femina accabadora” chiamata dalle famiglie per porre fine alle sofferenze dei moribondi.

“Accabadora”. Foto Marina Alessi

Attraverso le parole di una femminilità che si evolve, che matura caricando su se stessa una metamorfosi fisiologica, intellettuale, coscienziosa e simbolica – restituita da un bel lavoro simbiotico di Cruciani/Della Rosa, per un intenso monologo di oltre un’ora -, ci caliamo in un ambiente isolano atavico, lontano nel tempo e nello spazio, nutrito da radicali tradizioni e superstizioni. Un luogo che si oppone alla scena – di Antonio Belardi – assolutamente minimalista negli oggetti (un palco rialzato per dare sfogo a luci sotterranee, una panca, una sedia, una caraffa e un bicchiere d’acqua) e nei tagli luminosi netti, inesorabili pensati da Gianni Staropoli e Raffaella Vitiello. 
Qui Maria ripercorre – in un vortice placido di commozione, rabbia e ironia – la propria storia personale di figlia non voluta e ceduta a una zia severa e amorevole. Ripercorre la memoria di un passato alla scoperta di nuovi sentimenti e rigide imposizioni consuetudinarie, di successore fatidico di un’eredità colpevole, solenne, tanto pietosa quanto inesorabile.

“Accabadora”. Foto Marina Alessi

Ed è nel dialogo, nel rapporto/confronto insieme affettuoso e vendicativo tra queste due donne che vediamo crescere Maria: lei che piano piano sotterra – letteralmente – la propria infanzia ingenua e colorata per accettare una realtà sconcertante e inconcepibile. Ed è bello, molto bello l’evolversi della “vestizione”, del passaggio che conduce una personalità sempre più incisiva, certa, necessariamente risoluta a raccogliere un testimone tanto oscuro e ripudiato.
Un’esortazione, allora, per chiudere: andate a vedere questo lavoro. Lasciatevi coinvolgere e turbare. Lasciate che i vostri occhi se ne stiano lì, ancora per un po’, a fissare questa vita sulla scena.

ACCABADORA

dal romanzo di Michela Murgia (Giulio Einaudi editore)
drammaturgia Carlotta Corradi 

con Anna Della Rosa  

regia Veronica Cruciani 

scene Antonio Belardi 
costumi Anna Coluccia 
luci Gianni Staropoli e Raffaella Vitiello 
suono Hubert Westkemper 
musiche a cura di John Cascone 
video Lorenzo Letizia 
assistente alla regia Mario Scandale 

produzione Compagnia Veronica Cruciani, Teatro Donizetti di Bergamo, Tpe – Teatro Piemonte Europa, Cranpi 
con il contributo di Regione Lazio – Direzione regionale cultura e politiche giovanili – area Spettacolo dal vivo