Tra le stanze schifose di Hotel Pulp

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L’esordio letterario del bergamasco Marco Ghilardi è un’immersione per capitoli nell’assurdo e nell’orrido di genere, passando dal poliziesco alla fantascienza 

L’opera prima di Marco Ghilardi, edito dalla sanremese Leucotea, ha per titolo un evocativo Hotel Pulp che funziona già da premessa per ciò che il lettore incontrerà nel susseguirsi di quattordici storie brevi che si scoprono, si vedono, e si superano come fossero una sequenza di stanze disposte una dietro l’altra in un lungo corridoio. Il corridoio di un hotel – appunto – fatiscente e sudicio su cui si affacciano porte di camere che invece della targhetta con numero annesso, presentano un vero e propio appello all’ingresso: “Welcome…”. Su questa suggestiva struttura di sottofondo Ghilardi sceglie di inserire i brevi racconti ai quali si accede su “invito” per calarsi rapidamente in situazioni violente, oscene e ripugnanti e, oltre che assurde, esagerate all’inverosimile, che l’autore getta negli occhi del lettore, senza troppi giri di parole.

Mentre apriva lentamente il cassetto della scrivania quel maledetto specchio si materializzò nuovamente davanti ai suoi occhi e con lui l’orribile immagine che ci aveva visto riflessa dentro. […] Una furia cieca si impadronì di lui: voleva farla a pezzi, distruggerla per sempre

Le quattordici “stanze” del libro sono abitate da una folla eterogenea di quelli che potremmo ben definire “uomini schifosi”, prendendo in prestito l’espressione di David Foster Wallace, accompagnati da presenze femminili ridotte perlopiù a valvole di sfogo delle perversioni maschili, più o meno cruente, più o meno tragiche.
S’incontrano anche condizioni umane pacate, apparentemente anonime, proprie di una quotidianità qualsiasi (come andare a prendersi un panino al fast food) che deviano improvvisamente nell’orrido, con esseri mostruosi usciti da tombini da combattere a sgangherati colpi di fucile. Ci si catapulta in ospedali degradati e semi deserti, gestiti – si fa per dire – da un organo sanitario sempre pronto alle più squallide e illegali attività, che si trova a dover curare un paziente letalmente squartato eppure duro a morire. Si fa la conoscenza di chirurghi che operano a cuore aperto per sostituirne valvole, filtri e guarnizioni; poliziotti ipocriti e corrotti intenti a insabbiare colpe ed eliminare soggetti scomodi; autisti esausti colti da massicce e autolesioniste allucinazioni; impiegati nerd con i nervi a pezzi intenti a soffocare frustrati raptus omicidi, mentre altrove persino dei sandwich diventano “assassini” capaci di decimare città intere.

Si abbandonò in ginocchio stremato dall’enorme sforzo, tenendosi la gola con le mani consapevole del fatto che la prossima cosa che gli sarebbe uscita dalla bocca sarebbe stato probabilmente uno dei suoi organi

E c’è una scrittura, quella di Ghilardi, che per via colloquiale direttissima descrive ambienti, personalità e atteggiamenti indicibili e scurrili, immondi e vergognosi, e tratta il paradossale senza virtuose esaltazioni, senza variazioni di registro: tra queste pagine tutto è possibile, assolutamente inverosimile, incredibilmente normale. Ogni storia ha una vita propria, un punto di vista narrativo inedito, anche stravagante e imprevedibile, e si rintracciano, tra le efferatezze e le morbosità proprie del genere pulp, contaminazioni – più o meno superficiali – con il fantastico, il noir, l’hard boiled.
Per gli amanti del genere, sarà una lettura curiosa dove scoprire nuove e diverse forme di racconto del ribrezzo. Per i non amanti del genere può diventare un approccio o una sfida – sopportabile o meno – a storie che mettono alla prova il senso del disgusto e la sua sopportazione. Dunque: «Avete abbastanza fegato per intraprenderlo?»

 

Hotel Pulp
di Marco Ghilardi

Editore: Leucotea
Anno edizione: 2019
Pagine: 192 p.

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