Grande Madre Acqua. La resistenza dei bambini

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Il romanzo del macedone Živko Čingo, edito da CasaSirio, nella spietata quotidianità di un orfanotrofio jugoslavo del dopoguerra

Immaginate di trovarvi sulle rive un lago, ascoltando il rumore calmo dell’acqua tra la serenità dei suoi colori. Immaginate di osservare questa quiete con gli occhi e lo spirito di un bambino, Lem, che, nel dopoguerra balcanico appena raccolto dalla dittatura di Tito, viene ceduto dagli zii (non più in grado di occuparsene) in orfanotrofio. Ecco: immaginate un ex manicomio adattato – senza troppi scrupoli né comodità – a orfanotrofio, in quella che a fine anni Quaranta era la socialista Jugoslavia. Quella terra oggi è la Macedonia e, come si legge nella bella prefazione di Marcoandrea Spinelli, è un luogo «senza fissa dimora. […] Un vuoto identitario».
Sono le prime sensazioni permanenti trasmesse dal romanzo Grande Madre Acqua di Živko Čingo, pubblicato in Italia da CasaSirio Editore per la collana “Sciamani”, con traduzione di Carolina Crespi e Jessica Puliero.

Attraverso la voce narrante di Lem ormai adulto, si ripercorre, con stile confidenziale, sincero, un passato di immagini e sensazioni personali. Il linguaggio semplice e colloquiale di Čingo – costellato da puntuali “auto-maledizioni” – guida il lettore tra le pieghe di una memoria segnata da giorni d’inverno e d’estate trascorsi tra le mura alte dell’istituto “Chiarezza”. Un nome beffardo e sprezzante per una struttura che dovrebbe accogliere, accudire e proteggere bambini orfani di guerra o povertà, e che invece impartisce – fedele all’impassibile linea dell’ubbidienza al regime, per devota opera di maestri ed educatori – regole e azioni brutali sui piccoli “ospiti”. Tra loro c’è anche Keïten, spirito sorridente, fiducioso, perennemente positivo, dunque reazionario, ostile, pericoloso agli occhi dei crudeli compagni/educatori (compreso il direttore, che i bambini chiamano persino Piccolo Padre): è, in una parola, riluttante all’ingiustizia, legittimamente trasgressore.
Diceva Bertolt Brecht: «Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere». Così Keïten resiste. Resiste ridendo. Ride, Keïten. Ride e sorride sempre. E lo insegna agli altri. Questa è la disobbedienza “innocua” più intollerabile e deridente che si trova a gestire, annichilire l’adulto corpo docenti. Ma questa è anche la base dell’amicizia tra Keïten e il più pacato Lem che diventa simbolo della tenacia istintiva dell’infanzia: sarà la contrapposizione innocente e pura dei più deboli, dei bambini, alla cattiveria brevettata dei grandi.

Esistevano molte cose di cui non cogliamo immediatamente il senso, cose che non si lasciano vedere a occhio nudo, meraviglie che si nascondono negli oggetti, che ci aspettano pazienti mentre noi, spietati e ciechi, le calpestiamo distruggendole in maniera irrevocabile.

Čingo è capace di calare il lettore in una realtà concreta, ostile alla vita e alla vitalità: senza troppi pietismi, ricostruisce la quotidianità (d’incontri, privazioni, punizioni) di una vera e propria prigione infantile per il corpo e la mente, e ci porta a contatto con le efferatezze umane. Ma, nello stesso tempo, libera le parole dell’ormai adulto Lem dal rancore, affinché riportino con estremo realismo le visioni (anche fiabesche), la fantasia inarrestabile e la meraviglia puerile della scoperta, del “fare finta che”, del gioco, e della rincorsa alla libertà. Ma, allora, che cos’è la “Grande Madre Acqua”? È un’entità – potremmo dire – spirituale. È la forza d’animo, la voglia di fuggire, di riscattarsi, di rinascere, di oltrepassare quella parete di cemento grigio e raggiungere l’acqua, la natura, quel calore materno che Lem, Keïten e gli altri non hanno mai conosciuto.

Le madri non hanno paura della neve. Che io sia maledetto, le madri quando i loro bambini hanno freddo non sanno nemmeno cosa sia la paura.

Il romanzo di Živko Čingo non è solo una storia di speranza: è un racconto di resistenza, di opposizione instancabile al male, agli schematismi disumani ordinati da imposizioni sbagliate. E non si troveranno intenzioni scontate, previsioni ovvie di rivincita o di sconfitta. Si leggeranno invece aperture all’auspicio, alla difesa, al non arrendersi. Al disobbedire.

 

Grande Madre Acqua
di Zivko Cingo

Traduttore: C. Crespi Puliero Jessica
Editore: CasaSirio
Collana: Sciamani
Anno edizione: 2018
Pagine: 192 p.