Woke Culture. Gary Buechler: «La politica ha invaso l’intrattenimento per plasmare le giovani menti»

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Intervista allo youtuber americano, fondatore del canale “Nerdrotic”, in lotta contro i produttori e gli sceneggiatori che rovinano alcuni dei più amati universi fantastici del cinema e della televisione

Sono anni duri per cinema e televisione. Il recente, spaventoso calo di ascolti della notte degli Oscar ha certificato un allontanamento del grande pubblico da quello che è uno dei più grandi showbiz del pianeta. E forse non è solo colpa della pandemia, e della conseguente chiusura delle sale cinematografiche, ma anche di una sorta di polarizzazione, di scontro ideologico che si consuma ormai da qualche anno sugli schermi. 

Si dice che i grandi autori, nelle loro opere, pongono domande su cui riflettere e non danno invece risposte già pronte. Ma la saggezza sembra essere stata soppiantata dall’arroganza, e non solo a Hollywood. Stiamo assistendo a una radicalizzazione dei messaggi politici, a una sorta di semina di concetti, situazioni narrative e trovate al limite del ridicolo che, infilate in ogni tipo di titolo e genere, sembrano asservite a quella che viene denominata la “cultura woke”. Si tratta di un termine slang che sta a indicare “accortezza”, “attenzione” e anche cautela e che, a quanto pare, ben descrive quello che accade in troppe sceneggiature.

Nerdrotic

Nata con la buona e condivisibile intenzione di dare spazio a tematiche e personaggi ignorati fin troppo a lungo, questa spinta creativa si è tramutata in ossessione prima e furia iconoclasta poi, fino a giungere agli eccessi della “cancel culture”. Si tratta cioè non più, ad esempio, di dare maggior rilievo a personaggi femminili forti, o a personaggi appartenenti a culture etniche diverse da quella bianca e anglosassone, ma di imbarcarsi in una crociata che, carica di livore, pretende di fare a pezzi qualsiasi mito moderno ormai interpretato con concetti deleteri. Una specie di caccia alle streghe al contrario, dove si mira a eliminare, stravolgere, ridicolizzare o forzatamente ricostruire qualsiasi cosa che possa essere identificata come “patriarcale” o, peggio ancora, sospettata di divulgare “maschilismo tossico”. 

I rappresentanti della “wokeness”, convinti ciecamente delle loro ragioni, si sono impossessati rapidamente delle sale creative degli studios ma, un po’ come la rivoluzione francese che nel tempo si è tramutata nel famigerato “regime del terrore”, ha cominciato a sortire effetti devastanti.
Le saghe celebri che, fin dagli anni Settanta (e anche prima), hanno animato folle di appassionati in tutto il mondo, sono state conquistate prima e massacrate poi, svilite dall’umiliazione dei loro protagonisti storici, stravolti e resi irriconoscibili solo per poter dare spazio a qualche nuovo volto. Ancor più grave è il fatto che i nuovi personaggi, in teoria alfieri delle nuove e luminose istanze, mancano totalmente della profondità o della sfaccettatura di quelli classici, venendo proposti invece come semplici veicoli pubblicitari di istanze politiche fin troppo evidenti, se non addirittura spocchiose, prepotenti e per nulla in sintonia con il bisogno di empatizzare del pubblico. Il risultato finale è l’esatto contrario di quello desiderato e gli effetti deleteri cominciano a farsi sentire. 
Agli spettatori che si lamentano di queste lezioncine etiche spicce, di evidenti mancanze di rispetto a canoni letterari stabiliti in decenni di storie, viene spesso risposto con disprezzo o perfino con insulti. Gli sceneggiatori sembrano aver deciso che i loro insipidi personaggi devono essere amati per forza. O con loro o contro di loro: è il pubblico ha scelto in larga parte di stare contro. 

Gary Buechler è uno dei più importanti youtuber che, al momento, porta avanti una battaglia quasi quotidiana contro la “wokeness”, accusando produttori e sceneggiatori di aver rovinato, in alcuni casi superando un punto di non ritorno, alcuni dei più amati universi fantastici del cinema e della televisione. Il suo canale “Nerdrotic”, seguitissimo anche dagli stessi studios che vengono bersagliati, è diventato fulcro di un movimento d’opinione che sta smuovendo e spostando le opinioni del pubblico statunitense e non solo. Lo abbiamo intervistato. 

Gary Buechler

Gary Buechler, prima di parlare della cultura cosiddetta “woke”, raccontaci un po’ da dove arriva la tua passione per i fumetti, la fantascienza, la narrativa fantasy, e tutto quello che ruota attorno al mondo del fantastico.

Sono da sempre un nerd. La mia passione per i fumetti mi ha portato ad aprire e gestire un negozio di fumetti per dieci anni (Il “Comic Outpost” di San Francisco dal 2003 al 2013 n.d.r.) e ora ho un canale YouTube chiamato “Nerdrotic”. Entrambi sono nati come hobby e si sono trasformati in lavori che amo. Ho iniziato a leggere fumetti quando avevo cinque anni, e a dare inizio a tutto è stato “Marvel Team Up # 42”. Da quel volume in poi ho amato tutto ciò che riguarda un supereroe, tutto ciò che è fantascienza. Ho visto Star Wars quando avevo sette anni, che era l’età perfetta per vederlo. Penso che essendo un prodotto degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta sono cresciuto in un’era che stava “facendo squadra” con la cultura pop dell’intrattenimento fatta su misura per un ragazzino.

Alcuni universi narrativi, che da decenni annoverano milioni di fan in tutto il mondo, negli ultimi tempi hanno subito una notevole crisi di consenso tra gli appassionati. Mondi incredibili come Star Wars o Star Trek, una volta caratterizzati da storie avvincenti, oggi sembrano dividere più che unire il pubblico. Sui social media liti e insulti si sprecano. Cos’è successo?

La politica ha rovinato tutto. Negli ultimi quattro anni i nostri franchise preferiti come Star Wars, Star Trek e Doctor Who sono diventati apertamente politici. Hanno apertamente preso posizione. 
In precedenza, si poteva sostenere che fossero per lo più apolitici. Mentre si poteva notare come si trovassero in larga parte su una certa posizione della barricata, comunque avevano sempre rispetto per la controparte e volevano fare appello al maggior numero di persone possibile. Quella maschera ora è caduta, in gran parte a causa della tecnocrazia, cioè dell’avvento di Big Tech e di una più stretta relazione con le grandi multinazionali e il governo. Queste grandi aziende hanno capito di essere in grado di plasmare le giovani menti con i marchi in loro possesso e ora li stanno usando come piattaforme politiche invece che come intrattenimento.

Tu ti sei fatto un’idea del momento preciso in cui possiamo dire che la cultura “woke” si è fatta imperante? Esiste secondo te un film, oppure una serie tv, di cui si può dire “questo è il primo vero prodotto woke”?

Nel momento in cui è stato rilasciato The Last Jedi. Questo è stato lo sparo sentito in tutto il mondo. Quello è stato il punto di svolta del “woke”. Le cose andavano in quella direzione da molto tempo. La “wokeness” si era già insinuata, ma è qui che è stata notata di più ed è qui che ha creato un cambiamento culturale. Un cambiamento che non è andato nella direzione voluta dalla Disney. C’è stata una seria critica da parte dei fan e questa è stata contrastata con le unghie e con i denti dalla Disney. Quella che è la casa madre della Lucasfilm ha iniziato a divulgare false narrazioni, i suoi dipendenti ad attaccare i fan: fatti che accadono ancora oggi. Una delle persone principali dietro a tutto questo è Kathleen Kennedy (attuale presidente della Lucasfilm n.d.r.), ma peggio di lei c’è Pablo Hidalgo (dirigente creativo della Lucasfilm e capo dello “Story Group”, il gruppo che si occupa di stabilire cosa è canonico nell’universo di Star Wars n.d.r.).

Queste persone sembrano dunque usare tutte le loro energie per inserire le tematiche “woke” in qualsiasi media, utilizzandoli non più quali mondi da sviluppare ma come “piattaforme ideologiche”, siano essi storie a fumetti, film o nuove stagioni di serie di culto. Chi si oppone viene spazzato via. È successo a Gina Carano, attrice che ha interpretato la parte di Cara Dune nell’acclamata serie Il Mandaloriano, che ha appassionato i fan di Star Wars come non accadeva da moltissimi anni. Ma stavolta qualcosa è cambiato: puoi raccontarci della grossa crisi in atto alla Disney/Lucasfilm che si aperta proprio con il caso di Gina Carano e di come, secondo te, andrà a finire questa battaglia?

Il licenziamento di Gina Carano, da The Mandalorian, per certi versi è stato peggio di The Last Jedi, per quanto riguarda il momento culturale. È stato un modo per aprire gli occhi a molte persone che non erano interessate o che negavano che tutto questo stesse davvero accadendo. E ha preoccupato la Disney. Dove penso che finirà? Penso che il cambiamento arriverà… ma non abbastanza presto per salvare Star Wars. Penso infatti che Star Wars, Star Trek e Doctor Who potrebbero essere gli agnelli sacrificali di questo loro esperimento sociale. Anche se i franchising invertissero la rotta, tutto questo ha lasciato un amaro in bocca tale che finiremo per vedere un’industria dell’intrattenimento più frammentata. Questo però offre un’enorme opportunità per i registi indipendenti e per i produttori di fumetti che si trovano al di fuori del sistema hollywoodiano, che ormai ha raggiunto una sorta di punto di non ritorno.

Il pubblico sta cominciando a reagire a questa deriva iconoclasta. Esiste però una via d’uscita o dobbiamo rassegnarci alla scomparsa dei personaggi e delle storie intelligenti e originali che hanno formato l’epica contemporanea? 

C’è assolutamente una via d’uscita. Ancora meglio, deve esserci una via d’uscita. Non possiamo semplicemente abbandonare il campo perché, se lo facciamo, allora abbiamo perso una delle cose più importanti per la nostra società: la nostra arte e la nostra cultura. Il passo successivo è perdere la società stessa. Fortunatamente per noi “contano i soldi, non le stronzate”. Conosci questa espressione americana? Riguarda il potere di acquisto. La voce dei consumatori, cioè, si sente chiaramente attraverso il modo in cui spendono il loro denaro. Il pubblico si sta allontanando a frotte, gli Academy Awards hanno appena avuto i loro ascolti più bassi di sempre e questo è stato un enorme campanello d’allarme per Hollywood. Che rispondano o no alla chiamata, non importa a questo punto. Il pubblico si è espresso e continuerà a esprimersi. Probabilmente ci vorranno alcuni anni, ma a quel punto il dominio della cultura “woke” sarà scomparso.

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