Un anno con Salinger. Dichiarazione d’amore alla scrittura

In uscita il prossimo 11 novembre, la commedia di Philippe Falardeau tratta dall’omonimo romanzo di Joanna Rakoff: con Margaret Qualley e Sigourney Weaver, tra ambizioni, insofferenze e la leggerezza di un sorriso

Togliamoci subito il dente: chi vedrà Un anno con Salinger non potrà non pensare immediatamente a quel gioiellino di successo de Il diavolo veste Prada. D’altronde persino i distributori italiani della pellicola hanno pensato di non celarne la somiglianza, decidendo anzi di esaltarla e riportando nella locandina il commento del “The Telegraph” che ha definito il film del regista e sceneggiatore canadese Philippe Falardeau come “Il diavolo veste Prada a scuola di letteratura”.
Il confronto tra le due opere è inevitabile, in quanto le loro strutture narrative sono sostanzialmente sovrapponibili, così come lo sono i personaggi, anche quelli secondari, e le relazioni che hanno tra loro. Il ruolo interpretato da una perfetta Sigourney Weaver, ricalca poi chiaramente i tratti della magnifica Miranda Priestley di Meryl Streep (che valeva da sola il prezzo del biglietto del cinema, del VHS, del DVD e del Blue Ray, per ammirarla e continuare a farlo nel tempo). Bisogna partire da qui. 

. “Un anno con Salinger”. Regia Philippe Falardeau. Foto Philippe Bossé

Tolto il dente, si deve però subito chiarire che chi non vedrà questo film, presentato al Festival di Berlino 2020 e in uscita al cinema l’11 novembre, per paura di qualche déjà vu, commetterà certamente un errore.  
Innanzitutto va detto che il film è la trasposizione cinematografica del romanzo bestseller A Fortunate Age (vincitore del Goldberg Prize for Jewish Fiction by Emerging Writers e dell’Elle Readers Prize), distribuito in Italia con il titolo di Un anno con Salinger, della scrittrice, giornalista e critica americana Joanna Rakoff. Il libro racconta la sua esperienza in una delle più prestigiose ed antiche agenzie editoriali newyorkesi, che tra i propri clienti annoverava il celebre J. D. Salinger, già nell’Olimpo degli autori grazie a Il giovane Holden e le proprie raccolte di racconti.    

La storia si colloca nella New York della metà degli anni Novanta – e già questo è un elemento interessante -: un’epoca evidentemente di transizione sotto molteplici punti di vista, anni in cui il personal computer, apparso sulla scena da almeno un decennio, cominciava ad avere una diffusione di massa, continuando, nonostante ciò, ad apparire a qualcheduno refrattario al cambiamento quale inutile alternativa alle ben più pratiche e collaudate macchine da scrivere; tracce di un passato che iniziava a subodorare, con scetticismo, il futuro che era già iniziato e che, di lì a poco, lo avrebbe travolto e rivoluzionato per sempre. 

“Un anno con Salinger”. Regia Philippe Falardeau. Foto Micro Scope

La protagonista, Joanna Rakoff, interpretata nel film dalla lodevole Margaret Qualley, dopo aver lasciato gli studi di specializzazione universitaria per diventare scrittrice, viene assunta come assistente di Margaret (Sigourney Weaver), carismatica agente letteraria, inflessibile e un po’ rétro, titolare dell’agenzia editoriale. Il compito principale di Joanna è rispondere, con un messaggio formale e predefinito, alle migliaia di lettere inviate dagli ammiratori di Salinger e indirizzate al popolare scrittore, da tempo ritiratosi a vita privata e la cui difesa della privacy costituisce la missione primaria e quasi mistica dell’agenzia. Ma leggendo le parole struggenti che arrivano da tutto il mondo, Joanna diventa sempre più riluttante a rispondere con il testo stabilito e d’impulso inizia a voler dare un degno riscontro a coloro che scrivono, trovando, in tal modo e senza volerlo, le risposte che la sua vita cercava. 

Quest’opera, che è evidentemente una dichiarazione d’amore per la scrittura e per coloro che ne sono, in un modo o nell’altro, i suoi artefici, propone non pochi spunti (alcuni avrebbero meritato più spazio e più tempo, a dire il vero) sulla vita dello scrittore (e della scrittrice) e soprattutto su quello che lo scrivere significa. Esiste una necessità in chiunque scriva: quella di poter comunicare agli altri ciò che si ha dentro, soprattutto la propria emotività, la depressiva ostentazione di sé e la degenerazione verso un baratro da cui, in alcuni casi, solo la scrittura può salvare. La pena del non farlo è la resa anticipata, l’oblio o la morte.

“Un anno con Salinger”. Regia Philippe Falardeau. Foto Philippe Bossé

Il film non affonda il coltello, è vero ed è un peccato. Ma ci fa sentire quell’atmosfera, quelle sensazioni, quella necessità, e non è poco. Il ritmo poi è scorrevole e, anzi, ha in sé tutti i dettami della miglior commedia, veicolando, come solo le buone commedie sanno fare, importanti messaggi con la leggerezza di un sorriso, anche se a volte amaro. 
Tra i temi che vi porterete dietro uscendo dalla sala (benedetto sia il Cinema), ve ne è uno a cui le nostre esistenze pongono ancora poca attenzione. Vi è sempre un’indicazione, letteraria o no, che almeno una volta nella vita ci indica la strada da seguire per realizzare compiutamente noi stessi. Ma, nonostante ciò, anche il solo distinguerla è a volte, per noi, una chimera; ed esiste un nemico, potente e infimo, pronto a minare i nostri piani: quello che potremmo chiamare “il successo alternativo”, ossia l’ottenere buoni o ottimi risultati professionali in un lavoro che, in realtà, ci allontana da noi stessi, finendo col prendersi, anno dopo anno, la nostra intera vita. 

“Un anno con Salinger”. Regia Philippe Falardeau. Foto Micro Scope

In una puntata di True detective, una delle serie tv più significative mai realizzate, il protagonista dice: «Una vita basta a malapena per diventare bravo in una cosa, quindi devi stare bene attento a quello in cui vuoi diventare bravo». In Un anno con Salinger il medesimo monito si avverte nelle parole, scritte o pronunciate, da Salinger: personaggio onnipresente in ogni scena della pellicola, pur essendovi fisicamente assente. Una non-presenza che guida, a suo modo, la protagonista lungo il suo percorso di autoconsapevolezza, e che è percepibile nel continuo flusso di lettere dei fan: testimonianze di singole esistenze diventate differenti voci di un unico coro.   
Ci vorranno, di certo, altre parole e altri film per arrivare fino in fondo ad un argomento così intimo e complesso ma, come Joanna, dovremmo tutti iniziare quanto prima il nostro viaggio, che duri un anno o una vita intera, per cogliere l’estrema e urgente importanza di capire fino in fondo noi stessi, anche attraverso gli altri o a volte in disaccordo con loro. Per riuscire un giorno ad esprimere davvero ciò che siamo e far arrivare al mondo la nostra vera voce.     

UN ANNO CON SALINGER

Scritto e diretto da Philippe Falardeau

con Margaret Qualley, Sigourney Weaver, Douglas Booth, Seána Kerslake, Brían F. O’Byrne, Colm Feore, Théodore Pellerin, Yanic Truesdale,Hamza Haq, Leni Parker, Ellen David,Romane Denis,Tim Post,Gavin Drea, Matt Holland

Prodotto da: micro_scope, Parallel Films

Distribuito da: Academy Two

Recommended articles