Il muto di Gallura. Storia di un’occasione sprecata

Il film di Matteo Fresi con Andrea Arcangeli, dal 31 marzo al cinema, è un tuffo nel passato della terra sarda, tra faide famigliari e scarsi risultati

Prima di tutto ci sono un Tempo e un Luogo, molto lontani fra loro. Da una parte il Tempo: è il 1849, nel pieno del Risorgimento, l’Europa intera è travolta dalla rivoluzione dei suoi sudditi, la Primavera dei Popoli. Nel Regno di Sardegna la dinastia dei Savoia era stata costretta l’anno prima a concedere la prima carta costituzionale, promulgata da re Carlo Alberto che la definì legge fondamentale e perpetua che sanciva diritti e doveri di tutti i sudditi del regno.

“Il muto di Gallura”. Regia Matteo Fresi

Dall’altra il Luogo: la terra sarda della Gallura, un territorio all’epoca pressoché inaccessibile, delimitato a sud dalla catena granitica del Limbara e, sugli altri lati, dal mare. Una terra, all’epoca, isolata geograficamente dalla storia, di stampo agro-pastorale, in cui le istituzioni erano totalmente assenti, o comunque impotenti, governata da leggi non scritte, arcaiche e sanguinarie, soggiogata dalla ferocia del banditismo e sconvolta delle faide tra le famiglie locali che lottavano per il controllo del territorio. 
In questo scontro tra luogo e tempo si colloca la storia, prima, e la leggenda dopo, del muto di Gallura, ottimamente raccontata nel romanzo storico di Enrico Costa, pubblicato nel 1884.

“Il muto di Gallura”. Regia Matteo Fresi

Si narra in particolare della tremenda faida che sconvolse il territorio di Aggius tra le famiglie Vasa e Mamia che portò, in pochi anni, all’uccisione di decine di persone, tra uomini, donne e perfino bambini. Sebastiano Tansu, sordomuto dalla nascita, detto appunto il muto di Gallura, travolto dal dolore per la morte del fratello, oltre che dalla sua condizione di emarginato, diviene il più feroce e implacabile assassino nella mani di Pietro Vasa e potente arma contro la famiglia Mamia. Cecchino infallibile e imprendibile, Bastiano finisce ben presto con l’essere creduto addirittura quale un essere immortale e di natura diabolica, una minaccia quindi non solo per la famiglia rivale ma anche per le istituzioni della Chiesa e del Regno Sabaudo che, timidamente, cercavano di entrare nel governo di un territorio sino a quel momento dimenticato.

Dal romanzo di Costa è tratta l’opera prima del regista Matteo Fresi, presentata in concorso al Torino Film Festival, con protagonista Andrea Arcangeli (visto in televisione nella serie Netflix Il divin codino e al cinema in Domani è un altro giorno di Simone Spada), il cui volto sembra perfetto per incarnare la faccia angelica di un povero diavolo.

“Il muto di Gallura”. Regia Matteo Fresi

Al film, prodotto da Fandango e Rai Cinema, il materiale narrativo non mancava e certamente gli va riconosciuto il merito di averlo voluto affrontare portandolo all’attenzione degli spettatori. Che non ci siano dubbi: la storia del muto di Gallura meritava certamente il grande schermo. Tuttavia, i meriti del film finiscono qui. 
La scelta di raccontare la storia rappresentando un’atmosfera da western movie poteva anche rivelarsi azzeccata, concentrandosi totalmente sul rapporto tra la storia e il mito, ma la resa è troppo povera e le soluzioni adottate eccessivamente grossolane. 

La rappresentazione è lodabile negli intenti, e sarà apprezzata da alcuni per questo, ma deludente nel risultato. Il materiale storico, che sarebbe stato ricchissimo, viene lasciato solo di sfondo e ricordato ogni tanto, in maniera accennata, all’occorrenza. La recitazione è sostanzialmente monocorde e forzatamente ripetitiva: sembra di assistere in continuazione alla stessa scena. I personaggi non hanno alcuna evoluzione narrativa, ciascuno indossa la sua maschera dall’inizio alla fine del film. La musica è incalzante, certo, ma alquanto misera.

“Il muto di Gallura”. Regia Matteo Fresi

In assenza di una sufficiente messa in scena, il film finisce irrimediabilmente col mancare di pathos: lacuna gravissima sempre, e ancora più imperdonabile in un film che vorrebbe fondare il suo valore proprio sull’effetto drammaturgico. 

Davanti a tutto ciò, lo spettatore non può fare altro che aggrapparsi, per resistere fino alla fine del film, all’osservazione della realtà, storico, sociale e geografica raccontata che tuttavia, nonostante un profondo ed evidente rilievo, viene relegata dalla pellicola all’essere un mero elemento di contesto, ossia esclusivamente l’arena in cui si guerreggiano i suoi personaggi e, di fronte a tale esito, non può che finire col restare anch’egli muto, non di nascita ma per costernazione.       

IL MUTO DI GALLURA

Un film di Matteo Fresi

con Andrea Arcangeli

Produzione: Fandango, Rai Cinema
Distribuito da: Fandango Distribuzione

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