Discovery 3. Viaggio tra galassie e assurdità

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Su Netflix, la nuova stagione della serie ambientata nell’universo di Star Trek: salti temporali, virtuosismi narrativi e banalità sconcertanti

Star Trek è tornato da tempo in tv, non poteva essere diversamente vista l’epoca d’oro televisiva che stiamo vivendo. Due nuove serie sono in produzione in questi anni: Discovery, che da noi viene trasmessa sulla piattaforma Netflix, e Picard (in cui ritorna Patrick Stewart nei panni dell’amato ammiraglio Jean-Luc Picard), trasmessa invece su Amazon Video. Ed è tempo di capire in quale direzione la saga stia cercando di muoversi, visto che ormai il nuovo equipaggio della USS Discovery ha concluso la sua terza stagione di avventurosi viaggi spaziali. 

Arrivati sugli schermi nel 2017, grazie a una storia ambientata alcuni anni prima delle celebri avventure della Enterpise del capitano Kirk, questi nuovi personaggi hanno diviso profondamente i fan di vecchia data e hanno faticato a trovarsi nuovi spettatori. Eppure sulla carta la storia è intrigante: la nave scientifica Discovery della Federazione Unita dei Pianeti (sorta di nazione interplanetaria, composta di varie razze, fra i cui membri fondatori c’è proprio la nostra Terra) si trova nel pieno di un disperato conflitto con la stirpe guerriera dei Klingon – che chi segue Star Trek fin dagli anni Sessanta sa essere una civiltà aliena bellicosa e indomita.

“Star Trek: Discovery 3”

Salvato il nostro pianeta da un’invasione che sembrava inevitabile, nella seconda stagione i nostri si ritrovano involontari custodi di un sistema per viaggiare nello spazio mai visto in tutta la galassia. Questa invenzione, forse una delle trovate più assurde dell’intera saga, funziona in modo piuttosto particolare e non è il caso di dilungarsi qui su una faccenda che probabilmente farebbero fatica a spiegare gli stessi sceneggiatori, ma è comunque un motore che permette di percorrere enormi distanze, anche più veloce dei motori a curvatura spaziale visti fin qui. Come se non bastasse, complicati e inquietanti segnali turbano il protagonista principale, il comandante Michael Burnham (Sonequa Martin-Green, già vista in The Walking Dead). 

“Star Trek: Discovery 3”

Dopo una lunga ricerca, è evidente che questi indizi dal cosmo altro non sono che avvertimenti pensati per evitare nientemeno che la fine del mondo: un’apocalisse totale scatenata da un’intelligenza artificiale. Ed eccoci a questa terza stagione che, nelle idee degli autori, doveva imprimere una svolta notevole a tutta la narrazione. D’accordo con Burnham e con il resto dell’equipaggio, infatti, il capitano della nave Saru (Doug Jones), un alieno kelpiano, dà l’addio al mondo che conosce e, per annientare definitivamente l’entità cibernetica, compie un colossale salto nel futuro (di quasi mille anni!). Giunti nel 3188, dunque, comincia la ricerca di quella che è diventata la Federazione, uno strano ritorno a casa per un vascello che proviene dal remoto passato. L’universo, però, sembra essere più oscuro di quello lasciato: non c’è speranza, non c’è pace e, a quanto pare, non c’è neanche più la Flotta Stellare ad accogliere a braccia aperte gli eroi. Inizia allora una lunga indagine per scoprire cosa è rimasto della società abbandonata dalla Discovery, cosa c’è all’origine del “Grande Fuoco”, tragedia di scala galattica che ha gettato nel caos le civiltà conosciute, e come si può ridare un senso alla vita per un equipaggio alla deriva nel tempo e nello spazio, senza più famiglie e patria.

“Star Trek: Discovery 3”

Ce n’è di carne al fuoco in questa nuova versione televisiva di Star Trek, ma, per rimanere in una metafora culinaria, ai fornelli cambiano troppo spesso ricette e cuochi. Dopo una disastrosa prima stagione, piagata da enormi problemi di sceneggiatura e da eccessivi, voluti strappi con la tradizione, la produttrice CBS ha deciso di cacciare gli scrittori e di assumere come showrunner Alex Kurtzman, autore proveniente da esperienze nel cinema fantastico non proprio brillanti come Transformers (2007), Amazing Spider-Man (2014) e il clamoroso flop La Mummia (2017). Durante la seconda stagione, a onor del vero, sono stati fatti grandi sforzi per correggere la rotta e ripianare i rapporti con gli appassionati, traditi da troppe leggerezze e da eccessive licenze creative. Nonostante questo, i problemi della serie permangono e, a quanto pare, questa terza stagione è un deciso passo indietro rispetto ai progressi che erano stati fatti. 

“Star Trek: Discovery 3”

Purtroppo, sembra che nessuno tra i realizzatori sappia bene cosa vuole essere Discovery: se uno show in cui si affrontano grandi dilemmi esistenziali, come è sempre stato Star Trek, dove si vuole usare il linguaggio della fantascienza per parlare delle angosce della nostra realtà, oppure se si vuole ripiegare su una serie d’azione, timorosi forse di apparire troppo cervellotici. E alla fine si rimane nel mezzo. Ci sono puntate che iniziano con notevoli problemi da risolvere, con questioni apparentemente profonde e per nulla scontate, ma che arrivano a concludersi con trovate di una banalità sconcertante, il tutto condito da dialoghi che strizzano l’occhio a quello che oggi viene chiamato “teen-drama”. 

“Star Trek: Discovery 3”

Vediamo quindi i protagonisti, in teoria combattenti e scienziati addestrati, altamente istruiti e preparati, scoppiare in lacrime ogni volta che c’è da confidarsi o da prendere una decisione difficile, agire in modo testardo, irresponsabile e impulsivo: alla faccia dei propri superiori e in barba alla sicurezza dei propri colleghi (come farebbero degli adolescenti che non hanno voglia di ascoltare i suggerimenti dei loro “noiosi” genitori). Scambi di battute tra leader che sembrano essere quelli dei piccoli boss delle gang dei bassifondi, con tanto di sfoggio di atteggiamenti da duro per vedere chi è il più fico. E tante scazzottate con cui risolvere altre questioni.
Il concetto di equipaggio e di lavoro di squadra è virtualmente sparito: scordatevi i vari Spock, Sulu e McCoy, qui ci sono solo giovanotti anonimi in plancia di cui si dimenticano in fretta i nomi. L’unica reale protagonista è praticamente la Martin-Green con qualche scena gentilmente concessa al tenente Tilly (Mary Wiseman): una irritante ragazza perennemente insicura, che si nasconde dietro la sua logorrea e ha paura di tutto (e non si sa nemmeno come abbia fatto a diventare ufficiale su una nave per missioni altamente rischiose). 

“Star Trek: Discovery 3”

Ci sono tante idee interessanti gettate al vento in una lunga serie di assurdità. Per dirne una: il rapidissimo adattarsi degli uomini alla tecnologia del futuro è quasi magia: non dimentichiamoci che il salto è di circa mille anni, come portare un uomo che vive sotto Carlo Magno ai giorni nostri e pretendere che dopo un mese sappia usare computer e smartphone, guidare un’auto e navigare in Internet. E per non farci mancare niente, c’è la grande strizzata d’occhio a Star Wars con comunicazioni realizzate grazie a ologrammi realistici e robottini simpatici e teneri. 

Certo, il tentativo di svecchiare l’estetica di Star Trek è stato fortemente cercato, ma ha cozzato notevolmente con il periodo in cui è stato scelto di ambientare la prima serie. Se è vero che l’originale Star Trek con William Shatner era una produzione a basso costo del 1966, probabilmente il cambio è stato comunque troppo vistoso. In tanti si sono domandati come mai sulla Discovery c’erano le consolle totalmente virtuali e dai computer uscivano gli ologrammi, mentre sulla Enterprise di Kirk, nave in teoria in azione dieci anni più tardi, c’erano le lucette lampeggianti e tutte quelle levette. Il tentativo di avere finalmente mano libera nella rappresentazione di ambienti e tecnologie, ha probabilmente spinto gli sceneggiatori a inventarsi il salto in avanti di mille anni, ma suvvia, per potersi sbizzarrire con la fantasia bastava certamente un viaggio molto meno traumatico. 

“Star Trek: Discovery 3”

Non è detto inoltre che aggiornare l’intero impatto visivo di una serie sia un passaggio obbligato nei confronti delle nuove generazioni: Il Mandaloriano, per citare la bellissima serie Star Wars in onda sulla piattaforma Disney+, non ha rinnovato proprio nulla nell’aspetto di navi spaziali, pannelli di comando e tecnologie, mantenendo le estetiche che erano state fissate negli anni Settanta, non certo l’altro ieri. Si dirà “beh, ma è fantascienza”. Sì, certamente, ma questo non significa che si possa propinare al pubblico qualsiasi baggianata con la scusa che ci si sta muovendo in un ambito immaginario. Inoltre, e non è cosa da poco, l’universo di Star Trek ha una robusta coerenza interna: si tratta cioè di un ambiente narrativo con forti caratteristiche e canoni fissati da oltre cinquant’anni, con centinaia di episodi televisivi e una dozzina di film cinematografici. Strapazzarli impunemente pur di cercare nuove fasce d’ascolto non sembra al momento funzionare. 

Arrivati con qualche sbadiglio alla conclusione di questa sofferta terza stagione, scopriamo che, nonostante le numerose critiche e polemiche, la CBS ne ha autorizzata una quarta. Speriamo che in fase di scrittura ci si decida finalmente di abbandonare l’idea che il pubblico di “Discovery” siano solo adolescenti in preda a tempeste ormonali. Altrimenti rimarranno davvero solo loro a sorbirsi le crisi emotive di Michael Burnham.  

Star Trek: Discovery

Creatore: Bryan Fuller, Alex Kurtzman

Stagioni: 3 – in corso

Produzione: CBS Television Studios
Distribuito da: Netflix