C’MON C’MON. Il bla bla bla della vita

Mike Mills dirige Joaquin Phoenix in un film denso che invita a prendere coscienza di ciò che conta davvero nella vita: ciò che sta nascosto sotto lo strato torbido dell’ipocrisia sociale
“Finisce sempre così, con la morte. Prima però c’è stata la vita, nascosta sotto i bla, bla, bla, bla, bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore”, diceva, nel suo magnifico monologo finale, il personaggio di Jep Gambardella, interpretato da Tony Servillo, nel capolavoro La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino. Ma come è possibile ritrovare la vita dietro il bla bla bla che la nasconde? Come far riemergere la verità dal fondo dei sedimenti sotto cui è finita sepolta?

Rispondere a tali domande è, prima di tutto, una questione di coraggio e forse d’incoscienza, perché la verità, quasi sempre, richiede ardore per essere affrontata. La necessità impellente di ritrovare la realtà nascosta delle cose è il tema del bellissimo film C’MON C’MON scritto e diretto dal regista americano Mike Mills, prodotto da Be Funny When You Can e distribuito da A24 e, in Italia, da Notorious Pictures in collaborazione con Medusa Film: una pellicola intensa ed emozionante di quelle per cui si è grati che esista il cinema.
La storia è quella di Johnny, interpretato dal premio oscar Joaquin Phoenix, per cui non esistono più aggettivi in grado di descrivere la grandezza del suo talento; ogni singola inquadratura del suo viso ne è la costante e rinnovata conferma. Johnny è un produttore radiofonico che gira di città in città per intervistare bambini, ai quali domanda delle loro aspettative e dei loro sogni, convinto, senza però piena consapevolezza, che dentro le loro risposte si annidi l’essenza del mondo.

Un giorno Johnny è chiamato dalla sorella Viv, splendidamente interpretata da una bravissima Gaby Hoffmann, per badare a suo figlio Jesse di 9 anni, un bambino di intelligenza e sensibilità fuori dal comune. Johnny decide quindi di portare con sé il nipote nei diversi viaggi per realizzare le sue interviste: da New York alle periferie di New Orleans, Los Angeles e Detroit. Il confronto con Jesse – interpretato da uno strabiliante Woody Norman, con uno sguardo, quello dell’attore e del suo personaggio, che entra nell’anima dello spettatore e ci guarda dentro – sarà però in grado di trasportare Johnny, completamente impreparato a questo, dal mondo confortevole delle domande a quello ben più terrorizzante delle risposte. Perché nel mondo delle risposte, quelle vere, quelle celate dietro al nulla, gli esseri umani comprendono cosa voglia dire essere figli, sorella e fratello, genitori, amici. Nel mondo delle risposte si può trovare la vita.
C’è tanto in questo film e tutto è raccontato dando a ogni cosa il suo vero peso, senza perdere la delicatezza con cui scorre e colpendo il pubblico quando c’è da colpire. Lo spettatore ride, piange, sorride ed è chiamato, finalmente, a riflettere. S’ammira, incantati, la fotografia in bianco e nero di Robbie Ryan, intensa e profonda, in un essenziale gioco di luci e ombre che conferisce a ogni immagine la sostanza di un quadro. I suoni sono sempre dirompenti o assenti e mai misurati, perché mai lo sono nel mondo, e anche a questi, come personaggi vivi, è dato il proprio ruolo nella storia: tutto ha un ruolo nella vita e tutto in questo film viene raccontato. La colonna sonora è raffinata, con una perfetta alternanza di musica classica e brani rock.

Tutto questo è racchiuso in un solo film e, dopo averlo visto si ha voglia di rimettere mano a se stessi. Come infatti indica il titolo della pellicola – un’abbreviazione di come on – siamo tutti chiamati ad andare oltre la vacuità della realtà inconsistente in cui spesso viviamo. Quante volte subiamo le decisioni altrui o gli effetti del caso sulla nostra vita, senza opporci? Quante volte ci inseriamo nelle vite e nelle decisioni altrui nascondendoci dietro una miriade di giustificazioni vuote, un bla bla bla – appunto – che finisce col definire la nostra esistenza? A conti fatti in molti, troppi, casi, abbiamo l’orribile tendenza a costruire una non esistenza che protraiamo fino alla sua dissoluzione. Lungo il percorso, smettiamo di darci risposte, e col tempo finiamo col dimenticare anche le domande.
Tale meccanismo può però essere interrotto e non è mai troppo tardi per farlo: il castello di giustificazioni che abbiamo costruito può crollare, all’improvviso. E un terremoto, dirompente ma salvifico, può essere innescato dal confronto diretto con chi adulto non è ancora, con chi è in grado di chiedersi e di chiedere all’altro il perché delle cose. I bambini sentono che dietro ogni azione c’è una ragione e, a differenza degli adulti, pretendono di conoscere quale sia. È un percorso di piena consapevolezza, duro e colmo di ostacoli, ma che può portare, bambino o adulto, a sentire la vita per quello che è davvero; e raggiungere la consapevolezza di noi stessi dovrebbe essere un dovere, anche se ci pare più agevole dimenticarlo.

Come spiega il pedagogista tedesco Henning Köhler nella fiaba “Il Re delle Storie e il Bambino delle Stelle”, che viene in parte letta nel film: “non tutte le persone capiranno subito il senso della propria storia, ma questo non è importante, poiché chi cerca la verità deve risolvere degli enigmi, e chi vuole risolvere degli enigmi non deve essere impaziente”. E allora C’mon C’mon! Che la nostra vita si scopra e mostri ciò che abbiamo lasciato sepolto, qualunque cosa sia. Ci vorrà coraggio e tutto il tempo che servirà, ma alla fine, sotto tutta questa polvere, riscopriremo chi siamo davvero e inizieremo quindi finalmente a vivere.
C’MON C’MON
Regia: Mike Mills
con Joaquin Phoenix, Gaby Hoffmann, Woody Norman, Scoot Mcnairy, Jaboukie Young-White
Produzione: A24
Distribuito da: Notorious Pictures, Medusa Film