Robert Mapplethorpe alla Galleria Corsini. La provocazione è intellettuale

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Tantissimi gli spunti suggeriti dalla mostra Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile. Fino al 30 giugno 2019

L’annuncio di una esibizione fotografica del rivoluzionario Robert Mapplethorpe all’interno degli elegantissimi ambienti della Galleria Corsini di Roma mi aveva immediatamente colpito. Non si trattava solo di mettere ancora una volta il Passato e il Presente in relazione ma di far incontrare gli scatti del controverso fotografo con una quadreria settecentesca di fatto intatta: nel 1883, in effetti, vendendo al Regno d’Italia il palazzo, il principe Tommaso Corsini gli donava contemporaneamente l’intera collezione che custodiva.

La mostra. Foto Alberto Novelli

Conoscendo molto bene lo stile dell’iconico fotografo newyorkese, la sua maniacale cura per la composizione delle immagini e la passione per la scultura – «Se fossi nato cento o duecento anni fa, sarei stato sicuramente scultore, ma la fotografia è un modo rapido di vedere e di scolpire», affermava nel 1987 – immaginavo un gioco di rimandi con il San Giovanni Battista di Caravaggio e con qualche altra opera caratterizzata da una composizione particolarmente plastica.

Flaminia Gennari Santori, curatrice della mostra Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile nonché direttrice delle Gallerie Nazionali Di Arte Antica, si è invece spinta molto oltre. Dichiarando: «nel Settecento i quadri si disponevano alle pareti secondo criteri di simmetria, euritmia e varietà compositiva che stimolano il visitatore a individuare assonanze e differenze tra le opere, addestrandone lo sguardo». Un’intenzione sicuramente rispettata ma che possiede molteplici chiavi di lettura: il primo è quello dei richiami al classico e del debito con la scultura. Esempio ne è Ken, Lydia and Tyler il cui intreccio di membra è tipico delle Grazie. Appare chiara, però, non solo la citazione ma anche l’intenzione di superare categorie quali etnia e genere, mostrando un trio formato da due uomini e una donna, i cui volti sono tagliati dall’inquadratura e la cui pelle va dalla più pallida alla scura.

La mostra. Foto Alberto Novelli

E se si vuol effigiare un Eros pronto a scoccare la propria freccia, il dio dell’amore è Marty Gibson: nero e assolutamente non asessuato. Un’altra ottima testimonianza di questo filone è data dall’ingegnoso posizionamento nella Camera del camino di Marcus Leatherdale: dipendente prima e in seguito ex amante oltre che fotografo a sua volta, il soggetto ha sulle spalle un coniglio morto. Ad affiancarlo ci sono due bronzi di Antonio Montauti: Diana e Adone. Accompagnati entrambi da un cane e, dunque, in veste di cacciatori. Poco più a destra c’è, inoltre, l’Allegoria della caccia scolpita da Pietro Tenerani: anch’essa caratterizzata dalla medesima preda. 

La Sala verde, invece, ha il compito di rivelare quanto bene si intonino le nature morte fotografiche a quelle dipinte secoli fa: il connubio è inaspettatamente perfetto.

La mostra. Foto Alberto Novelli

C’è poi il tema delle somiglianze sorprendenti: sarebbe più corretto scrivere casuali, visto lo scarto di secoli e l’improbabilità che l’artista abbia avuto la possibilità di ammirare certi ritratti, ma la definizione sembrerebbe fuori posto in un allestimento così ben pensato. L’anziana bellezza eternata come Puerto Rico woman ha tratti incredibilmente simili alla cosiddetta Moglie di Erasmo riprodotta su un quadretto solitamente ignorato. Che, stavolta, però è impossibile non notare. Ma il vero azzardo vincente si svolge nella Camera dell’alcova: qui il ritratto di Bernine, del 1978, è accostato al quadro seicentesco di Justus van Egmonts La regina Cristina di Svezia come Diana. La mente inizia davvero a confondersi, chiedendosi come sia possibile che due donne di epoca così diversa siano in possesso di lineamenti tanto sovrapponibili. Ad aumentare la suggestione ci pensa la celebre foto di Lisa Lyon, pioniera del culturismo femminile che fa bella mostra del suo corpo atleticamente androgino. Del resto, non fu proprio la regnante svedese, che occupò realmente questa stanza, a essere accusata di essere troppo mascolina per colpa di alcune caratteristiche fisiche e del suo desiderio di vivere più liberamente rispetto ad altre esponenti del suo stesso sesso, tanto da abdicare al trono e scegliere l’esilio?

La mostra. Foto Alberto Novelli

Infine lo stimolo più grande per uno spettatore: interrogarsi di fronte alla creazione d’arte, tentando di rispondere alle più diverse domande interiori che la sua contemplazione suscita. A questo compito paiono chiamarci i celebri fiori e i famosissimi nudi dislocati nella Sala rossa e nella Saletta: cosa sappiamo e come lo apprendiamo? Quali sono i meccanismi che guidano la processione delle idee? Perché la medesima zona corporea rappresentata in pietra o raffigurata su tela ha un effetto totalmente diverso se fermata attraverso l’impressione della pellicola e la sua stampa? Cos’è che rende improvvisamente ambiguo il particolare di una pianta se non la suggestione data dall’opera che la segue o precede?

La mostra. Foto Alberto Novelli

Il colpo di grazia alle proprie certezze si consuma dentro la Galleria del cardinale, grazie a Dominick and Elliot: due uomini sono fissati durante un rapporto sadomasochista. Accanto a loro c’è un bronzetto del XVIII secolo che ritrae San Sebastiano: il braccio, trattenuto da una corda, penzola dal ramo di un albero. Sopra è affisso il Martirio di San Bartolomeo firmato da Emilio Savonazzi: il protagonista è legato per le mani, nell’atto di esser scuoiato. Cosa suscita l’immagine di un corpo nudo stretto da lacci se la si sposta dal santo martirio alla volontaria ricerca di piacere?

La mostra

Le risposte vanno trovate dentro ognuno di noi. Visitando quest’esposizione la cui più grande provocazione è alla riflessione. Continuando a imparare anche con gli occhi. Sugli altri e su noi stessi. 

 

 

 

 

Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile

GALLERIA CORSINI, Via della Lungara 10 – Roma
www.barberinicorsini.org | comunicazione@barberinicorsini.org

Orari: dal mercoledì al lunedì dalle 8.30 alle 19.00. La biglietteria chiude alle 18.00. Chiuso il martedì, il 1° gennaio, il 25 dicembre.

Biglietti: Intero 12 € – Ridotto 6 €. Il biglietto è valido dal momento della timbratura per 10 giorni in entrambe le sedi del Museo: Palazzo Barberini e Galleria Corsini. Gratuito: minori di 18 anni, scolaresche e insegnanti accompagnatori dell’Unione Europea (previa prenotazione), studenti e docenti di Architettura, Lettere (indirizzo archeologico o storico-artistico), Conservazione dei Beni Culturali e Scienze della Formazione, Accademie di Belle Arti, dipendenti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, membri ICOM, guide ed interpreti turistici in servizio, giornalisti con tesserino dell’ordine, portatori di handicap con accompagnatore, personale docente della scuola, di ruolo o con contratto a termine, dietro esibizione di idonea attestazione sul modello predisposto dal Miur.

Galleria Corsini, Justus van Egmonts (Leida 1601-Anversa 1674), La regina Cristina di Svezia come Diana, olio su tela, cm 116×90, inv. 4244