L’antico rinnovato: succede nell’Ala sud di Palazzo Barberini

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Presentato il nuovo allestimento dei capolavori del Settecento nell’Ala sud della Galleria Nazionale di Arte Antica di Roma

Restituite tre anni fa dal Ministero della Difesa, dopo più di ottanta di gestione, dopo un attento restauro le 10 sale espositive dell’Ala sud del piano nobile di Palazzo Barberini di Roma avevano dato un assaggio della loro bellezza e capacità espositiva. L’occasione propizia era stata la mostra Eco e Narciso. Ritratto e autoritratto nelle collezioni del MAXXI e delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini del 2018. Adesso, con la realizzazione e inaugurazione di un intelligente e funzionale percorso espositivo, l’elegante porzione “ritrovata” del palazzo può essere definita un autentico contenitore di meraviglie di 750 mq.

L’allestimento. Foto Alberto Novelli

Il nuovo allestimento caratterizzato da inediti apparati, illuminazione, grafica, pannelli e didascalie non ha come obiettivo solamente rendere più visibili e leggibili i capolavori del Settecento – e alcuni del Seicento – esibiti: vuole invitare il visitatore alla scoperta del piacere di sostare in un museo come luogo di stimolo visivo e intellettuale. 

Le 10 sale, curate personalmente dal direttore Flaminia Gennari Santori insieme a Maurizia Cicconi e Michele Di Monte, sono suddivise per temi e suggestioni: Sala del Trono, Teatro e Pittura, Pittura a Napoli, Mattia Preti, Roma 1670–1750, Pompeo Batoni, Pierre Subleyras, La veduta veneziana, La veduta romana, Il Grand Tour, Donazione Lemme. Al loro interno godono di un nuovo respiro opere recentemente restaurate o esposte raramente, insieme ad altre che grazie alla nuova collocazione e agli esaurienti pannelli informativi possono essere meglio comprese nel loro significato. È, inoltre, prevista la rotazione semestrale di alcuni capolavori: non solo per spingere anche chi ben conosce la Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini a tornare più volte ma, soprattutto, per garantire a chi guarda la migliore fruizione possibile attraverso uno spazio più arioso che si traduce in una disposizione meno affollata.

L’allestimento. Foto Alberto Novelli

E, in effetti, anche per gli accostamenti scelti ci sono creazioni che sembra di ammirare per la prima volta. Esempi lampanti di quanto affermato si trovano nella Sala Teatro e Pittura: qui Giuditta e Oloferne di Francesco Furini “gioca” con Venere che suona l’arpa di Giovanni Lanfranco. A una prima osservazione ambedue le tele pare abbiano in comune solo l’escamotage del vistoso tendaggio rosso, subliminale rappresentazione teatrale di chiara ispirazione caravaggesca. A ben guardare, però, la giovane vince sì il temibile Oloferne ma non solo con la spada: l’inganno della seduzione è rappresentato dalla gamba scoperta e dalla sinuosa caviglia che termina con il grazioso piede, di fatto posizionato al centro della composizione. Da esso, facendo attenzione, si nota come sia ormai scivolato un sandalo. Del resto nel Libro di Giuditta – il testo biblico che narra la vicenda – a 16,9 si legge chiaramente: “i suoi sandali rapirono i suoi occhi, la sua bellezza avvinse il suo cuore e la scimitarra gli troncò il collo”. 

Francesco Furini (Firenze 1603 – 1643), “Giuditta e Oloferne”, 1630-1635. Olio su tela, 116 × 151 cm. Provenienza: Collezione Dusmet, 1949
“Venere che suona l’arpa”, 1630 circa. Olio su tela, 214 × 150 cm. Provenienza: Collezione Barberini, 1959
Manifattura Veneziana. Calcagnini, inizi XVII secolo. Legno e cuoio, 27 × 21 × 21 cm. Provenienza: Museo Artistico Industriale (MAI), 1956. Foto Alberto Novelli

 

 

 

 

 

 

 

Sulla parete di fronte la dea della bellezza mostra anch’essa il piede, che sfugge dal medesimo tipo di calzatura nella foga dell’esecuzione musicale.
Ed ecco spiegata la presenza di un paio di curiosissimi calcagnini, risalenti agli inizi del XVII secolo: questo modello di scarpe, detto anche Sopei in ambiente veneziano, arrivava a misurare persino 50 cm di altezza. L’obiettivo? Attirare gli sguardi facendo risaltare vertiginosamente la propria statura.

Guido Cagnacci (Sant’Arcangelo di Romagna 1601 – Vienna 1663), “Maria Maddalena”, 1626-1627. Olio su tela, 86 × 72 cm. Provenienza: Collezione Torlonia, 1892

E persino un’eremita in odore di santità finisce per rivelarsi tentatrice: la colpa è da attribuirsi alla procace fisicità di cui Guido Cagnacci ha dotato la sua Maria Maddalena, così distante da ciò che ci si aspetta pensando a un corpo provato da patimenti, digiuni e fustigazioni.

Grazie a didascalie ben argomentate, inoltre, è possibile non solo conoscere più a fondo il senso di ciò che si guarda ma anche aggiungervi l’apprendimento di tante importanti, utili e addirittura divertenti vicende biografiche. È il caso del vastissimo Giove e Ganimede di Anton Raphael Mengs: si tratta di un affresco riportato su tela del 1760. A quei tempi l’Italia era tappa d’obbligo del cosiddetto Grand Tour, viaggio di erudizione che gli uomini di cultura europei – solitamente ricchi – intraprendevano al fine di migliorare le proprie conoscenze. In quest’atmosfera si forma Johann Joachim Winckelmann, appassionato di antichità oltre che vero e proprio capostipite della critica d’arte. A Roma stringe amicizia con il Mengs: un legame che durerà anni ma che non lo risparmierà da una crudele e accuratissima burla. Di quest’opera Winckelmann scrive nella prima versione della Storia dell’Arte Antica datata 1763: “che oscurava tutte le pitture Ercolanesi allora conosciute”.

Anton Raphael Mengs (Aussig 1728 – Roma 1779), “Giove e Ganimede”, 1760. Affresco riportato su tela, 178,7 × 137,5 cm. Provenienza: Monte di Pietà, 1895

Specificando che il Ganimede “è sicuramente una delle figure più straordinariamente belle che ci siano rimaste dall’antico, e non saprei trovar nulla da paragonare”. Facile, trattandosi di un falso realizzato dall’amico o, addirittura, da Gian Battista Casanova – fratello del più noto Giacomo – che fu pittore, falsario e in seguito direttore dell’Accademia di Dresda. L’obiettivo era, forse, quello di screditare la fama dello studioso. Il mezzo, sicuramente, fu la scelta di un soggetto omoerotico che non poteva non colpire l’immaginario dell’intellettuale, facendo leva sulle sue più autentiche pulsioni sessuali al fine di confonderne la capacità di giudizio.

Quelle evidenziate sono solo alcune delle moltissime cose che si possono imparare grazie al rinnovato allestimento dell’Ala sud della Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini. Nell’attesa che, intorno al prossimo autunno come già previsto, questa bella rivoluzione museale interessi anche le sale dei Caravaggeschi.

 

Ala sud di Palazzo Barberini: il nuovo allestimento dei capolavori del Settecento

PALAZZO BARBERINI, Via delle Quattro Fontane 13 – Roma
www.barberinicorsini.org | comunicazione@barberinicorsini.org

Orari: martedì/domenica 8.30 – 19.00. La biglietteria chiude alle 18.00. Chiuso lunedì, il 1° gennaio, 25 dicembre.

Biglietto: Intero 12 € – Ridotto 6 €. Il biglietto è valido dal momento della timbratura per 10 giorni in entrambe le sedi del Museo: Palazzo Barberini e Galleria Corsini. Gratuito: minori di 18 anni, scolaresche e insegnanti accompagnatori dell’Unione Europea (previa prenotazione), studenti e docenti di Architettura, Lettere (indirizzo archeologico o storico-artistico), Conservazione dei Beni Culturali e Scienze della Formazione, Accademie di Belle Arti, dipendenti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, membri ICOM, guide ed interpreti turistici in servizio, giornalisti con tesserino dell’ordine, portatori di handicap con accompagnatore, personale docente della scuola, di ruolo o con contratto a termine, dietro esibizione di idonea attestazione sul modello predisposto dal Miur.